“Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo”

A Palazzo dei Priori la mostra che celebra il maestro umbro in occasione del V centenario della sua morte. Dal 4 Marzo all’11 Giugno 2023

Perugia. Il 3 marzo, alla Galleria Nazionale dell’Umbria, è stata inaugurata, in occasione del V centenario della sua morte, la mostra Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo. Perugia celebra con questa mostra (dal 4 marzo all’11 giugno 2023), curata da Marco Pierini e Veruska Picchiarelli: Pietro di Cristoforo Vannucci, da Castel della Pieve, detto il Perugino (1450 ca. – 1523), l’importante pittore attivo negli ultimi due decenni del Quattrocento.

Il titolo della mostra, Il meglio maestro d’Italia”. Perugino nel suo tempo, enuncia il suo obiettivo: restituire all’artista il ruolo che il pubblico e la sua epoca gli avevano assegnato. I suoi maggiori capolavori esposti – dalla formazione fino allo Sposalizio della Vergine del 1504 – nel momento in cui si trovava all’apice della sua straordinaria carriera, testimoniano la fama, l’abilità non solo artistica ma anche imprenditoriale del pittore, gestiva due botteghe a Firenze e Perugia.

A Perugia (città Best in Travel 2023 di Lonely Planet) questa mostra è l’evento di punta delle celebrazioni del centenario. A coordinarle il Comitato Nazionale, istituito dal Ministero della Cultura e presieduto da Ilaria Borletti Buitoni, che coinvolge alcuni tra i più importanti musei nazionali e internazionali, come le Gallerie degli Uffizi di Firenze, il Musée des Beaux-Arts di Caen, la National Gallery di Washington, in una vera e propria partnership scientifica. In conferenza stampa Ilaria Borletti Buitoni ha dichiarato “come attraverso le opere del Perugino sia possibile parlare di questo territorio”, auspicando “che il Perugino diventi il migliore influencer del 2023”.

“Perugino – dichiara Andrea Romizi, sindaco di Perugia – non è solo il pittore delle dolcissime madonne angelicate o delle pale d’altare fiorite come frammenti di cielo in terra, ma l’identità stessa della cultura umbra diffusa nel mondo. Ne sono testimoni le opere che arrivate dai più importanti musei internazionali”. Nelle “Vite” (1568) Giorgio Vasari scrive su Perugino: “Venne dunque in pochi anni in tanto credito, che de l’opere sue s’empié non solo Fiorenza et Italia, ma la Francia, la Spagna e molti altri paesi, dove elle furono mandate”.

Marco Pierini ha evidenziato la sfortuna critica del Perugino, spesso citato come “allievo di Verrocchio” e “maestro di Raffaello”. Mentre i contemporanei ne avevano una diversa considerazione. Per esempio Ludovico il Moro cerca disperatamente di avere a Milano Perugino, ma lui nemmeno risponde. Isabella d’Este impiega sette anni per avere un suo dipinto, scrivendo decine di lettere. Il papa Sisto IV della Rovere lo incarica di eseguire opere per la Cappella Sistina. “Ha la capacità di guardare e recepire – ha sottolineato Pierini – Assorbe ma non imita”. “Lui è il meglio maestro d’Italia” con queste parole lo definisce il banchiere Agostino Chigi in una lettera inviata da Roma a Siena il 7 novembre 1500 al padre Mariano. Senz’altro è un punto di riferimento per molti pittori.

Ma in seguito la fama dell’artista, considerato il più grande pittore attivo negli ultimi due decenni del Quattrocento, inizia gradualmente a spegnersi. Secondo il Vasari il Perugino fu “allevato fra la miseria e lo stento” e aveva un “cervello di porfido”. Il suo declino è iniziato dalla presentazione al pubblico fiorentino, nel 1507, della pala destinata all’altare maggiore della basilica della Santissima Annunziata, definita un insuccesso. Al cospetto del quale il Perugino, quasi sessantenne, prendendo atto dei mutamenti del gusto, avrebbe commentato: “Io ho messo in opera le figure altre volte lodate da voi e che vi sono infinitamente piaciute. Se ora vi dispiacciono e non le lodate, che ne posso io?”

Sempre il Vasari: “Aveva Pietro tanto lavorato e tanto gli abondava sempre da lavorare, che e’ metteva in opera bene spesso le medesime cose; et era talmente la dottrina dell’arte sua ridotta a maniera, ch’e’ faceva a tutte le figure un’aria medesima”. Le numerose opere prodotte nell’ultimo periodo della sua attività, portate a termine anche grazie all’aiuto di una bottega particolarmente laboriosa, hanno sicuramente influenzato la valutazione della statura del Perugino, sia da parte dei contemporanei che dei posteri. Lo scopo principale della mostra è quello di restituire la giusta caratura al Vannucci.

In funzione di tale mission, tornare a vedere in Perugino un protagonista assoluto del Rinascimento quale fu per almeno due decenni, sono stati selezionati per la mostra solo i dipinti del Perugino antecedenti al 1505. Ovvero l’anno in cui l’artista aveva portato a termine tre commissioni che segnano l’apice della sua carriera: la Crocifissione della Cappella Chigi in Sant’Agostino a Siena, la Lotta fra Amore e Castità (già a Mantova) e lo Sposalizio della Vergine per la cappella del Santo Anello del Duomo di Perugia (oggi nel Musée des Beaux-Arts di Caen).

In conferenza stampa Veruska Picchiarelli ha illustrato la suddivisione in mostra di circa settanta opere antecedenti il 1504 in sette sezioni, sulla base di criteri iconografici e tematici. Seguendo geograficamente i suoi spostamenti in Italia è possibile suddividere le varie fasi dell’attività del Perugino. Il pittore compie, probabilmente, un tirocinio a Perugia dove lavoravano Benedetto Bonfigli e Bartolomeo Caporali. La sua maniera morbida ed elegante è la sua sigla inconfondibile nell’articolazione delle mani della Madonna col Bambino del Musée Jacquemart André.

Nella I sezione sono esposte le mirabili le otto tavolette con i miracoli di san Bernardino (probabilmente collocate in origine nella cappella del santo nella cattedrale di Perugia e poi trasferite nell’oratorio). Sono il risultato di un linguaggio ormai consolidato, moderno e aggiornato. Da notare le cornici-gioiello dipinte come un fregio di perle e pietre preziose. Poi la svolta quando il pittore si confronta a Firenze con gli artisti della bottega di Andrea del Verrocchio, in cui gravitavano Leonardo da Vinci, Botticelli, Ghirlandaio e Francesco Botticini. Esposte le monumentali pale d’altare, quale il Trittico Galitzin (ora alla National Gallery di Washington). Del Verrocchio il Vannucci prenderà la maniera pulita, il segno inciso da orafo e l’eleganza.

La seconda sezione è riferibile agli anni Ottanta, tra Firenze e Roma. L’impresa decorativa della Cappella Sistina (terminata nel 1482) di cui il Vannucci è coordinatore è alla base di un filone umbro-laziale del cosiddetto ‘peruginismo’, che ha come interpreti artisti quali Antoniazzo Romano, o Antonio da Viterbo detto il Pastura. Il cantiere sistino gli assicura il successo per cui il maestro diventa molto richiesto in tutta la penisola. La maniera del Perugino ha lasciato tracce e conseguenze dirette sugli allievi, o indirette, in tutte le aree in cui ha lavorato.

Nella terza sezione sono esposte le opere del pittore diventato ormai un apprezzato maestro. Tra queste il Polittico della Certosa di Pavia (per gran parte alla National Gallery di Londra), eccezionalmente ricomposto per l’occasione. Il Perugino diventa, per circa ottanta anni, un modello capace di ispirare molti artisti del suo tempo.
Nel 1494 il maestro umbro soggiorna a Venezia dove si confronta con i maestri veneti (Carpaccio e Bellini). Il riflesso di queste contaminazioni è evidente nello sfondo nero in alcune sue opere. La IV sezione è dedicata ai “ritratti di naturale non pochi”, così ne scrive il Vasari. Il periodo è quello che va dalla fine degli anni Ottanta, con il ritratto di Lorenzo di Credi agli anni Novanta con il Ritratto di Francesco delle Opere (1494), ricco di influenze fiamminghe. Ma quello da cui non si riesci a staccare gli occhi è il Ritratto di giovinetto degli Uffizi, carico di espressività, tenerezza e languore, altra cifra stilistica del Perugino. Il pittore ritrae mirabilmente, staccandolo su un fondo nero, il volto di un adolescente con uno sguardo da adulto. Del resto, all’epoca, già a dodici-tredici anni un giovinetto spesso lavorava.

La mostra rivela anche una scoperta. Un ritratto proveniente dagli Uffizi che era stato attribuito a Raffaello e che indicava come soggetto un ritratto virile, forse Verrocchio o forse lo stesso Perugino? Dopo attenti studi alla Galleria Nazionale dell’Umbria è stato identificato con certezza che il soggetto ritratto è Perugino. Anche l’autore del dipinto è stato identificato ed è lo stesso artista umbro.

Queste intuizioni del direttore Marco Pierini sono state confermate dall’esatta corrispondenza tra le misure di questo autoritratto e quello dipinto nella Sala delle Udienze del Palazzo del Cambio di Perugia. Edificio situato accanto a Palazzo dei Priori, dove ha sede il museo. Con ogni probabilità per le due opere è stato usato lo stesso cartone preparatorio. Infatti coincidono le distanze tra pupilla e pupilla (56 millimetri) e tra fronte e colletto (183 millimetri). Si tratta di ben due autoritratti del pittore umbro.

La V sezione è dedicata alla “Fortuna di un modello: le belle Madonne di Perugino”. Probabilmente nelle sue dolci Madonne, dai lineamenti soavi ed esili, l’artista umbro ha riprodotto le sembianze della giovane moglie Chiara Fancelli (figlia dell’architetto Luca). Il Vasari racconta che era lo stesso pittore umbro a pettinare la moglie con “leggiadre acconciature”. Le sue Madonne diventano presto un canone ideale di bellezza femminile. Degli anni in cui Raffaello frequentava la bottega del Vannucci è la sua Madonna Borghese, che sembra richiamarsi al modello peruginesco.

Il tema della VI sezione è” la diffusione di un linguaggio nazionale: perugineschi da nord a sud”. I disegni del pittore umbro circolavano in tutta Italia e l’artista lasciò tracce in tutta la penisola. Il padre di Raffaello, Giovanni Santi, lo definisce “divin pittore” e gli affida l’educazione del figlio. I maggiori divulgatori, nell’area emiliana, della maniera del Vannucci sono Francesco Francia e il ferrarese Lorenzo Costa.

Un filone lombardo-veneto è testimoniato dalle opere di Tommaso Aleni e Francesco Verla. Il lessico del Perugino si diffonde anche nel napoletano, vedi La grande Assunzione del Duomo di San Gennaro. Proprio ai musei ai quali è stato chiesto un più consistente sforzo, in termini di numero e qualità delle opere concesse, è stato proposto di divenire partner di questo progetto, attraverso iniziative in reciprocità e consulenza scientifica. L’obiettivo finale è quello di tornare a vedere Pietro Perugino come un protagonista del Rinascimento, quale fu per almeno due decenni.

La mostra si chiude, VII sezione, con due capolavori del pittore umbro. Nel 1504 Perugino lavorava a La lotta tra Amore e Castità per lo studiolo mantovano di Isabella d’Este in cui dovevano trovar posto le opere dei migliori artisti del tempo (tra cui Mantegna e Lorenzo Costa). Isabella esorta più volte il pittore a rispettare i tempi di consegna pattuiti. Alla fine il soggetto profano, a cui il Perugino forse era meno avvezzo, risulterà insoddisfacente. Isabella lo apostrofa scrivendo che il lavoro sarebbe stato migliore se fosse stato eseguito “cum magior diligentia” e dipinto a olio e non a tempera.

Non a caso lo Sposalizio della Vergine (oggi a Caen), dipinto nel 1504 per la cappella del venerato Santo Anello di Maria, nella cattedrale di San Lorenzo, fu accolto con successo. Merito di una umanità apollinea, divina, priva di ogni turbamento. Qui il maestro umbro riprende la stessa costruzione dello spazio che aveva usato venti anni prima nella Consegna delle Chiavi nella Cappella Sistina.
Il catalogo Dario Cimorelli Editore contiene i contributi dei maggiori specialisti del pittore e ripercorre le tappe della carriera del Perugino, dalla formazione al ritorno in Umbria all’inizio del Cinquecento. Ampio margine è stato riservato ai direttori e ai curatori delle collezioni di appartenenza delle opere in prestito, che accentua il carattere corale dell’impresa.

Non trascurate di visitare, oltre la mostra, anche La Galleria Nazionale dell’Umbria, una raccolta di opere preziose e rare d’arte italiana, con sede nel Palazzo dei Priori, che oggi si avvale di un nuovo riallestimento del museo (2022). Un allestimento che ha valorizzato le opere in spazi luminosi e prestigiosi.
La raccolta vanta opere che vanno dalla metà del Duecento al Rinascimento e vede come protagonisti i maestri umbri come il Maestro di San Francesco, toscani come Nicola e Giovanni Pisano, Arnolfo di Cambio, Duccio di Boninsegna e marchigiani come Gentile da Fabriano e Lorenzo Salimbeni. Un crescendo di bellezza che passa per i dipinti di Beato Angelico e Benozzo Gozzoli per arrivare a un capolavoro assoluto: il polittico di Sant’Antonio di Piero della Francesca.
Informazioni
“IL MEGLIO MAESTRO D’ITALIA”. PERUGINO NEL SUO TEMPO
Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria (corso Pietro Vannucci, 19)
4 marzo – 11 giugno 2023
Orari: tutti i giorni, dalle 8.30 alle 19.30; la biglietteria chiude un’ora prima
Biglietti: Intero: €10,00; Ridotto: €2,00; Convenzioni: €5,00
Domeniche gratuite: 5 marzo, 2 aprile, 7 maggio, 4 giugno
Prenotazione obbligatoria per tutti i visitatori al costo di €2,00
Biglietti online su: www.ticketone.it/artist/galleria-nazionale-umbria/
Informazioni: Tel. 075.58668436; gan-umb@beniculturali.it;
Sito internet: Galleria Nazionale dell’Umbria e Perugino