Un viaggio nella Pop Art più impegnata, Robert Indiana: The Sweet Mistery
Evento collaterale della 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, uno degli artisti più iconici alle Procuratie Vecchie fino al 24 novembre 2024
Venezia. Nella, dichiarazione sul dipinto, da cui questa esposizione prende il nome, Robert Indiana, uno degli artisti più iconici, scrive: “The Sweet Mystery: la vita e la morte Il qui e il non qui. Le parole: tra i miei primi cauti utilizzi su tela, qui smorzate e misurate. THE SWEET MYSTERY: il canto che squarcia l’oscurità”.
Yorkshire Sculpture Park presenta Robert Indiana: The Sweet Mystery. La mostra è curata da Matthew Lyons e sviluppata con The Robert Indiana Legacy Initiative, e allestita presso lo storico complesso delle Procuratie Vecchie. Le opere in mostra ripercorrono sei decenni della carriera di Indiana. Sono incluse nel percorso opere giovanili, tra cui alcune raramente esposte.
Esponente dell’arte americana Pop, Robert Indiana (1928-2018) è famoso per la serie iconica LOVE. Si è distinto per le rilevanti questioni sociali e politiche, inserendo nelle sue opere riferimenti storici, letterari e biografici. Il titolo della mostra, The Sweet Mystery, è tratto da uno dei primi dipinti in cui l’artista ha iniziato a inserire le parole. Una modalità espressiva che caratterizzerà il suo percorso artistico. La mostra, la più significativa dell’opera dell’artista, presenta oltre 40 opere, tra dipinti e sculture, che esplorano la condizione umana e la spiritualità.
Adottato dalla sua famiglia vive un’infanzia itinerante nel Midwest americano durante la Grande Depressione. Dopo la laurea trascorse tre anni nell’aeronautica militare statunitense e poi si formò artisticamente a Chicago e in Europa. Robert Indiana giunge a New York nel 1954 e usa ancora il suo nome di battesimo, Robert Clark. Qui, dopo un incontro fortuito con Ellsworth Kelly, avviene un importante cambiamento nella sua vita privata e professionale. Va a vivere in un loft in un’area decadente di Lower Manhattan, in centro a Coenties Slip. Poco dopo Kelly lo raggiunge e insieme formano il loro gruppo di artisti d’avanguardia, con Agnes Martin, James Rosenquist e Cy Twombly. È proprio in questo periodo Robert decide di assumere il nome del suo stato natale, l’Indiana.
Per Indiana e Kelly le sessioni di disegno divennero un modo per trascorrere più tempo insieme. Così la loro attrazione si trasformò in una storia d’amore che durò parecchi anni. La coppia disegnava scene del quartiere o i rimorchiatori attraccati al porto. Sweet Mystery è stato realizzato quando la loro relazione stava per finire. L’artista pone in contrasto le strisce rosse che segnalano un pericolo e l’immagine sdoppiata del ginkgo (simbolo di “unione” per Indiana). Così l’opera è un monito sui pericoli dell’amore.
Avendo scarsi mezzi per acquistare materiale artistico crea assemblaggi con i residui del mondo portuale della sua zona. Crea opere scultoree da vecchie travi di legno, ruote di metallo arrugginite e altri resti del commercio marittimo che aveva prosperato nella zona. Così racconta l’artista: “Quando i vecchi magazzini, le forniture nautiche, le velerie furono demolite per fare posto a parcheggi e grattacieli, il mio bisogno di materiali a basso costo per lavorare è stato soddisfatto”. Nel 1960 nascono le sue prime sculture autoportanti, le “erme”, realizzate con vecchie travi di legno del porto marittimo,
Le erme nell’antica Grecia, erano “segnali stradali”. Erano pietre scolpite dedicate a Ermes, il dio dei viaggiatori. Un’erma poteva segnare un bivio o trovarsi all’ingresso di un’abitazione. Ma poteva avere anche una funzione apotropaica di tenere lontano il male. In genere le erme raffiguravano un busto con la testa di Ermes, molte avevano davanti anche i genitali maschili. Al posto dei calzari alati Indiana applica ai lati ruote di metallo. Indiana stesso descrive il suo modus operandi come un “tentativo di essere pittore e scultore nello stesso tempo, lavorando con entrambi i mezzi espressivi su un unico pezzo. Penso alla pittura come a un oggetto femminile e a una statua come a un oggetto maschile”. In occasione di mostre l’artista spesso affianca un dipinto a un’erma corrispondente e li chiama “compagni”, termine che assume anche un significato sessuale.
L’artista realizza, utilizzando vecchi alberi di nave in legno, delle serie di opere in relazione tra loro. In mostra è esposta la seconda serie di opere: una dedicata ai suoi genitori adottivi; una al protagonista di Moby Dick – utilizzando la scritta “Chiamatemi Ismaele” (famosa frase introduttiva del romanzo); un’atra dedicata al suo nuovo cognome; una a John Dillinger, famigerato gangster dell’Indiana, attivo nel periodo della Depressione. Decenni dopo Indiana aggiunge a queste opere delle ruote, come sulle erme, e fasce di vernice dorata, connotandole come totem, reliquiari o un’evocazione bizantina.
All’inizio degli anni Sessanta realizza tele con geometrie, testi e numeri in risposta alla cultura visiva di un consumismo sempre più diffuso. Affronta temi legati all’identità queer e al sé. La sua particolare espressione di Pop Art rappresenta un’estensione del radicalismo americano. La mostra veneziana presenta molte opere giovanili, raramente esposte, coprendo un lungo periodo di cinquant’anni della sua attività artistica. L’artista esplora l’identità americana, la storia personale e il potere dell’astrazione e del linguaggi, restando un riferimento per tutti gli artisti che hanno usato la “parola” come elemento caratteristico delle loro opere.
Ben presto Robert Indiana fu protagonista di importanti mostre newyorchesi. Nel 1961 il Museum of Modern Art acquisì The American Dream, I (1960–61), esplorazione dell’illusorio sogno americano. L’artista si distinse dagli altri suoi coetanei Pop per aver affrontato questioni sociali e politiche e per aver inglobato riferimenti storici e letterari nelle sue opere. Nel 1964 Indiana accettò l’invito di Philip Johnson per una nuova opera per il New York State Pavilion alla New York World’s Fair, creando un cartello EAT di sei metri composto da luci lampeggianti. Inoltre collaborò con Andy Warhol al film Eat , un ritratto muto di Indiana che mangia un fungo nel suo studio di Coenties Slip.
La seconda apparizione della parola “LOVE” – prima che Indiana ne diventasse sinonimo – “… l’amore è stato la mia più grande preoccupazione” – si trova nel dipinto forma di diamante del 1964, Love Is God. Al collezionista Larry Aldrich, che progettava un’esposizione della sua collezione privata, in occasione di una festa alla Warhol`s Factory, Indiana propone un nuovo lavoro, “un po’ irritato dal fatto che non avesse nessun Indiana, quando invece pensavo che avrebbe dovuto”. Nel Vangelo secondo Giovanni, la Bibbia dice: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”, Le chiese della Scienza Cristiana espongono la frase “Dio è Amore” a lettere dorate dietro il pulpito, in quanto in queste chiese non c’è l’altare perché non vi è clero.
Però Indiana inverte la. frase. Mentre il suo simbolo “LOVE” diventa virale, l’artista inizia ad allontanarsi da New York City e dal suo entourage artistico. Nel 1978 si trasferisce in un piccolo villaggio di pescatori sull’isola di Vinalhaven, al largo della costa del Maine, dove vivrà e lavorerà fino alla fine dei suoi giorni. L’edificio usato da Indiana, per ampliare il suo studio, era proprio quello usato dal pittore Marsden Hartley decenni prima. Da questa coincidenza scaturisce la serie Hartley Elegy, ispirata all’astrattismo di Hartley e ai paralleli nelle loro biografie.
A Ellsworth, città del Maine, era morto all’età di 66 anni Hartley. Il fatto che Hartley fosse morto in una cittadina che portava lo stesso nome di uno dei grandi amori di Indiana, Ellsworth Kelly, deve essere stato per lui un segno di una predestinazione. Hartley diviene quindi l’ultimo protagonista della stirpe queer di Indiana e della serie Hartley Elegies (18 dipinti realizzati tra il 1989 e il 1994).
L’American Dream, con le sue promesse e le sue delusioni, è il tema più longevo dell’opera di Indiana, con nove dipinti realizzati nell’arco di quarant’anni. Nel 1992 il soggetto è raffigurato per la prima volta come scultura di legno, poi fusa in bronzo nel 2015 per realizzare la versione esposta. Di questa serie, Indiana dice: “Ero davvero molto critico nei confronti di certi aspetti dell’esperienza americana”. “Dream” era usato in senso ironico. .. All’inizio [la serie] era molto caustica – questo termine mi sembra più efficace rispetto a “cinica”. [Il cinismo] scaturiva da una vita vissuta prevalentemente durante la Depressione, da una famiglia distrutta, da ogni genere di difficoltà – dalla guerra. . .. Ma anziché fiorire in qualcosa di idealistico, “Dream” è stato distorto in un’esperienza molto dozzinale e volgare… La mia famiglia è stata gravemente colpita dalla Depressione, e anche io”.
The Electric American Dream (EAT/DIE/HUG/ERR) è la prosecuzione delle opere elettriche di Indiana. Le parole “eat ” (mangiare) e “die” (morire) appaiono nelle opere di Indiana in quanto l’ultima cosa che sua madre gli aveva detto prima di morire era stata: “Ragazzo, hai mangiato qualcosa?”. Successivamente Indiana aggiunge al suo repertorio le parole “hug” (abbracciare) ed “err” (errare). A questo proposito spiega che: “Hug era una parola usata nella mia famiglia per esprimere l’idea di dare affetto, eccetera; cosi, da questo, ho iniziato a pensare di introdurre anche alcuni degli aspetti più formali della vita – esistenza e amore e sopravvivenza e peccato e cosi via”.
Gli antichi Greci differenziavano le diverse forme di amore: philia (amicizia), eros (desiderio) e agápē (amore disinteressato), quest’ultimo usato nei contesti biblici per descrivere l’amore di Dio per il suo popolo. Alcuni di queste parole le ritroviamo in The Ninth Love Cross. La parola “amore” esprime in questo contesto un valore spirituale profondo. Agápē potrebbe essere l’espressione dell’impegno per la giustizia sociale dell’artista. Nei pannelli il numero “9” è reiterato all’interno di un cerchio dove sono trascritte le parole che esprimono le diverse forme di amore.
Il bronzo di grandi dimensioni, Ash, è stato realizzato in memoria delle persone morte per HIV/AIDS, durante il periodo di inerzia governativa e di pubblica diffamazione del movimento gay..
The Robert Indiana Legacy Initiative (fondata nel 2022) è impegnata a diffondere la conoscenza e l’apprezzamento dell’importanza e profondità dell’opera di Robert Indiana. Gestisce una collezione e un archivio delle opere dell’artista, promuove e sostiene mostre e installazioni pubbliche, assiste e promuove la ricerca accademica su Indiana e la sua carriera artistica; gestisce il sito web www.robertindiana.com e pubblica una newsletter.
La mostra è ospitata al secondo piano delle Procuratie Vecchie, mentre il terzo piano è stato dedicato da Generali alla Home of The Human Safety Net e alla mostra interattiva “A World of Potential”, un hub aperto alla comunità internazionale che tratta i temi dell’inclusione sociale, dell’innovazione e della sostenibilità. Le Procuratie Vecchie sono state aperte al pubblico per la prima volta in 500 anni di storia nel 2022, dopo un’importante opera di restauro – a cura di David Chipperfield (vincitore del premio Pritzker) – commissionata da Generali e diretta da Generali Real Estate.
Informazioni
Robert Indiana: The Sweet Mistery
La mostra è allestita al secondo piano delle Procuratie Vecchie, in Piazza San Marco n.105.
Apertura: da mercoledì a lunedì con orario: 10- 19 (dal 20 aprile al 31 ottobre); 10- 18 dall’1 al 24 novembre.
Per info e prenotazioni: indiana@dh-office.com