Lucca. Photolux Festival – Biennale Internazionale di Fotografia all’insegna dell’amore
Ventuno mostre diffuse con i protagonisti della fotografia – tra cui Seiichi Furuya, Erik Kessels, Ferdinando Scianna e Robin Schwartz – da gustare fino al 12 giugno
La nuova edizione di Photolux Festival – Biennale Internazionale di Fotografia di Lucca ospita You can call it Love. Il tema, l’amore, è declinato in tutte le sue forme, colori e dolori. Un argomento con cui è facile entrare in empatia. Una varietà di sfaccettature, angolazioni e punti di vista che meraviglia, così come è complesso questo sentimento. Progetti impegnativi, durati anni, alcuni una vita. Una parte di queste mostre – che vedi, ascolti con l’anima e senti con il cuore – lasciano un’impronta nell’intimo mondo interiore.
Il ricco programma si sviluppa in ventuno esposizioni, ospitate nei luoghi tra i più prestigiosi nel centro della città. Un modo anche per scoprire dimore e palazzi storici di Lucca. Oltre le mostre anche iniziative collaterali, concerti, conferenze, workshop, letture portfolio, incontri con i protagonisti della fotografia internazionale.
Palazzo Ducale
Say cheese! Un nuovo ritratto di famiglia, realizzata in collaborazione con alcuni importanti archivi. La mostra, attraverso vari autori, declina il ritratto di famiglia nel corso del tempo e con le sue nuove interpretazioni. È forse il genere che più di tutti evidenzia l’evoluzione del linguaggio fotografico.
Sunil Gupta nella serie “Pretended” Family Relationships (1988) esplora con una modalità interessante le relazioni multirazziali gay e lesbiche. Unisce le fotografie delle proteste a poesie e ai ritratti di coppie LGBT nelle loro case londinesi. Era l’epoca del governo conservatore di Margaret Thatcher che promulgò la “Sezione 28” che proibiva la promozione dell’accettablità dell’omosessualità.
Sullo stesso tema ha lavorato Sage Sohier ma con un bianco e nero potente sul piano emotivo. Sage ha lavorato sulle relazioni queer in un periodo in cui a causa dell’AIDS gli omosessuali erano sotto l’attenzione dei media ed erano associati unicamente alla promiscuità. In Family Matters Gillian Laub ha messo in risalto l’impatto che la politica di Donald Trump ha avuto sulle famiglie americane.
Bryan Thomas con Sunrise/Sunset ha posto l’accento sul problema del controllo della armi negli Stati Uniti. In Florida la t-shirt “Rest in Peace”, in memoria di chi ha perso la vita in uno scontro a fuoco, è diventata abbigliamento quotidiano. Thomas ha fotografato chi ha acquistato queste magliette. Soprattutto la popolazione afroamericana (14% di quella totale) è vittima degli scontri da arma da fuoco (il 57%). Ciò dà la percezione che un afroamericano può essere ucciso solo perchè è nero. Purtroppo i negozi delle t-shirt “Rest in Peace” sono diventati normali nel sud degli Stati Uniti.
Annie Hsiao-Ching Wang in The Mother as a Creator, propone un’immagine diversa della maternità. Preoccupata di perdere la sua identità decide di preservare la sua creatività durante la maternità. Scatta nel 2001, il giorno prima del partorire, il suo primo autoritratto e continua insieme al figlio a ritrarsi davanti alla foto dell’anno precedente. Alba Zari invece va alla ricerca del padre che non ha mai conosciuto: The Y (il cromosoma mancante). Del padre conosce solo il nome, la nazionalità irachena e il lavoro presso Emirates Airlines. La madre di Sara Perovic le ha raccontato di essersi innamorata del padre per le sue bellissime gambe (era un insegnante di tennis). Così l’artista esplora le dinamiche tra padre e figlia fotografando le gambe del compagno, ispirata da quelle del padre.
Ismail Zaidy mescola foto con oggetti e fotografie, tutte scattate con uno smartphone. Loulou D’Aki con Mother of Choice esplora il tema della maternità surrogata. Nel 1972 il governo svedese ha affermato che nessuna persona doveva dipendere da un’altra, tanto meno una donna da un uomo. Dal 2016 una nuova legge autorizza la fecondazione assistita nelle cliniche pubbliche per le donne single. Il progetto di Ismail è sulle donne diventate madri con il sostegno dello stato. Ciò comporta un cambiamento anche in quello che comunemente si intende per nucleo familiare.
Dario Mitidieri, in Lost Family Portraits, racconta le storie di quelli che hanno perso membri della famiglia durante la guerra siriana: gli spazi vuoti nelle foto ricordano i componenti della famiglia scomparsi. Da undici anni che è iniziato il conflitto in Siria sono morte quasi mezzo milione di persone (11,5% della popolazione totale è stato ucciso o ferito, il 45% sfollato). Un’emergenza sanitaria ignorata. Oksana Yushko, in Familia, racconta il dramma della guerra in Ucraina. Il padre è ucraino e la madre russa, vivono a Kharkiv (30 km dal confine russo). Lei ha vissuto 20 anni in Russia. Dal 2014, anno di inizio del conflitto in Donbass, i vicini si sono ritrovati ad essere nemici. Lei sente che il confine, la linea di contatto dei due schieramenti passare sul suo corpo. La guerra va fermata, “dobbiamo concentrarci su cose che richiedono di unire e non dividere”.
L’artista americana Robin Schwartz presenta la sua monografica: Amelia & the Animals. Il progetto è stato realizzato insieme alla figlia Amelia. Parte da quando la bamibina aveva tre anni e si sviluppa nell’arco di venti anni. Un viaggio particolarmente suggestivo dove una bambina vive in perfetta sintonia con il mondo animale. “Un mondo… nel quale gli animali fanno pare del mondo degli umani e viceversa”. Le foto, pur essendo patinate, raffinate, ricercate, un piacere estetico, non mancano di suscitare emozioni e riflessioni. “La fotografia è per me una sorta di passaporto per entrare in connessione con gli animali. Gli animali sono il mio contatto con la spiritualità”. Le relazioni interspecifiche sono alla base di tutti i progetti a lungo termine della fotografa.
Altra interessante mostra monografica è quella sul reportage che Ferdinando Scianna ha realizzato per illustrare la sua tesi di laurea in antropologia culturale (pubblicata nel 1965 con la prefazione di Leonardo Sciascia): Feste religiose in Sicilia. I suoi splendidi bianco e nero ci riportano indietro nel tempo ma con uno sguardo da reporter contemporaneo.
Palazzo Guinigi
Questo storico palazzo ospita l’anteprima italiana della monografica di Seiichi Furuya: Face to Face, 1978-1975. Una mostra toccante, straziante che stringe il cuore. Il progetto è il racconto di una storia d’amore con un epilogo tragico.
Seiichi Furuya e Christine Gössler si incontrano all’inaugurazione di una mostra fotografica il 17 febbraio 1978. Qualche giorno dopo, Seiichi la invita al cinema. La relazione corre veloce, Seiichi e Christine si sposano nel giugno dello stesso anno a Izu, città natale di Seiichi, in Giappone. Sin dall’inizio, Seiichi fotografa la relazione, documentando i momenti che trascorre con Christine e scattandole ritratti nell’intimità, fino alla nascita del loro bambino nel 1981. A partire dal 1981 la famiglia si trasferisce più volte.
Christine è bellissima nei ritratti di Seiichi, sembra Greta Garbo. A volte è allegra, serena ma nei suoi occhi si sprofonda nell’infinito. Christine comincia a mostrare sintomi di schizofrenia. Nel 1983 viene ricoverata per la prima volta in un ospedale di Graz. A questo seguono altri ricoveri. Poco dopo mezzogiorno, il 7 ottobre 1985, nel 36° anniversario della fondazione della Repubblica Democratica Tedesca, Christine si butta dalla finestra del nono piano del palazzo dove viveva con la famiglia.
Questo tragico avvenimento segna la vita di Seiichi e del figlio. L’amore per Christine resta vivo e, nel tentativo di elaborare il lutto, Seiichi lavora sul suo archivio fotografico ricercando le foto scattate a Christine dei sette anni trascorsi insieme. Il risultato sono cinque libri, pubblicati dal 1989 al 2010 con il titolo Mémoires. Nel 2018 Seiichi trova i negativi scattati da Christine, anche lei appassionata d’arte e fotografia.
Questo materiale è il punto di partenza di Face to Face, 1978-1985, volume pubblicato nel 2020. Seiichi pone a confronto le immagini scattate da lui con quelle scattate da Christine, a volte negli stessi momenti o luoghi. Lo sguardo di Christine si intreccia con quello di Seiichi, che diventa a sua volta soggetto osservato.
Questo progetto racconta una storia d’amore lunga sette anni attraverso un dialogo visivo che si esprime in dittici a volte corrispondenti. I due protagonisti di questa profonda relazione sentimentale si incontrano di nuovo tra le pagine del libro e nella mostra presentata a Photolux Festival in anteprima mondiale.
Scuderie Ducali
Erik Kessels ha curato la mostra In Almost Every Picture #16 – Sexy Sofa. Nel 1965 il nuovo soggiorno di Noud e Ruby diventa il set di una sincera ed erotica intesa tra i due che, nel corso di circa dieci anni, documenta i cambiamenti di moda e stile, ma anche dei desideri della coppia. Queste immagini, erano destinate a rimanere tra le pareti domestiche ma sono state utilizzate con il permesso delle figlie della coppia.
Simone Cerio con Religo, un lavoro di quattro anni, affronta un tema delicato: la relazione tra fede e omosessualità all’interno della Chiesa cattolica. In Italia ci sono 30 gruppi LGBTQ+ credenti che offrono percorsi spirituali e di accoglienza a tutte le persone con identità sessuale e di genere diversa da quella comunemente accettata.
Il Responsum (2021) della Congregazione per la Dottrina della Fede, sancisce che “la comunità cristiana e i Pastori sono chiamati ad accogliere con rispetto e delicatezza le persone con inclinazione omosessuale” e che sono ammesse le “benedizioni a singole persone con inclinazione omosessuale, le quali manifestino la volontà di vivere in fedeltà ai disegni rivelati di Dio così come proposti dall’insegnamento ecclesiale”, ma “dichiara illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni”.
La battaglia per i diritti civili delle comunità omosessuali è largamente sostenuta in tutto il mondo, ma pochissimo si parla della battaglia per i diritti spirituali. Nella foto sopra sono ritratti Andrea e Dario, nella chiesa di San Fungenzio a Roma, con i loro tre figli. Stanno insieme da 30 anni e sono responsabili del gruppo LGBTQ+cattolico “Nuova Proposta” di Roma. Nel 2009 si sono sposati in Canada e sono ricorsi alla maternità surrogata.
Sotterraneo del Baluardo San Colombano
Nei suggestivi spazi del sottorraneo sono esposti i migliori scatti del fotogiornalismo.
Dal 1955 il World Press Photo premia le migliori fotografie che hanno contribuito a raccontare gli eventi e le notizie dell’anno precedente, presentando al pubblico il meglio del fotogiornalismo mondiale. Il World Press Photo of the Year è stato assegnato ad Amber Bracken per Kamloops Residential School, un’immagine che mostra le croci alle quali sono appesi dei vestiti rossi, per commemorare i bambini morti alla Kamloops Indian Residential School.
Il vincitore del World Press Photo Story of the Year è Matthew Abbott con la serie Saving Forests with Fire. Un progetto che racconta gli incendi controllati praticati dai nativi australiani per prevenire quelli distruttivi a fine stagione, nei mesi caldi e secchi dell’anno. Per molti anni i coloni bianchi hanno boicottato tali pratiche.
Interessante il lavoro, vincitore del Romano Cagnoni Award 2022, di Nicolò Filippo Rosso, Exodus, iniziato quattro anni fa seguendo le rotte dei flussi migratori dal Venezuela alla Colombia, dal Centro America al Messico e agli Stati Uniti. Storie dolorose di perdite, persecuzioni, conflitti che determinano le migrazioni di massa dell’America Latina.
Nella foto di Fatima Shbair alcuni bambini palestinesi si riuniscono muniti di candele durante un cessate il fuoco, dopo un conflitto di 11 giorni (2021). Il conflitto era scoppiato per le tensioni causate da una minaccia di sfratto in un quartiere conteso a Gerusalemme Est e per gli scontri vicino la moschea di Al-Aqsa (uno dei luoghi più sacri dell’Islam). L’UNICEF ha dichiarato che in seguito a questo conflitto circa mezzo milione di bambini di Gaza potrebbero aver bisogno di sostegno psicologico.
Alla Casermetta San Pietro in mostra Stefano De Luigi con Pornoland redux che racconta un immaginario legato al cinema pornografico.
Villa Bottini
Nella sede prestigiosa di Villa Bottini la mostra-omaggio Brass Mon Amour, con circa 120 fotografie e documenti inediti, sceneggiature, bozzetti e materiale d’archivio privato del regista. Nella stessa sede la mostra di Yusuke Takagi sui problemi dell’alcolismo.
Informazioni
PHOTOLUX 2022. YOU CAN CALL IT LOVE
Lucca, sedi varie
Fino al 12 giugno 2022
Informazioni: Tel: +39 0583 53003
Orari: Villa Bottini (biglietteria e bookshop), dal lunedì alla domenica 10:00-19:30;
tutte le altre sedi, dal lunedì al giovedì, 15:00 – 19:30; dal venerdì alla domenica, 10:00-19:30
Biglietti: intero: 20 €, ridotto: 18€; biglietto singola sede: 10 €
Social: FB:@photoluxfestival; IG: @photoluxfest
Sito internet: www.photoluxfestival.it
Photolux Festival eventi
Gli appuntamenti del weekend
Tutti gli eventi sono ad ingresso gratuito e non necessitano di prenotazione
SABATO 11 GIUGNO
Palazzo Ducale
16:00 | Visita guidata alla mostra Say Cheese! Un nuovo ritratto di famiglia
Chiesa di San Francesco
21:00 | Paolo Crepet: “Lezioni di sogni”
📌DOMENICA 12 GIUGNO
Palazzo Ducale
11:00 | Visita guidata alla mostra Say Cheese! Un nuovo ritratto di famiglia
Auditorium Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
17:00 | Yusuke Takagi, Spin (L’Artiere Edizioni, 2022) – presentazione del libro con l’autore, la curatrice Eva-Maria Kunz e gli editori Gianmarco e Gianluca Gamberini
18:00 | Growing in the woods – Asili in natura in Italia: Andrea Frazzetta in conversazione con Chiara Ruberti