Venezia 79. Bones and All, un road movie romantic horror

“Forse l’amore ti può salvare”, Leone d’Argento per la migliore regia a Luca Guadagnino

Non mi aveva conquistato con Chiamami col tuo nome (interpretato da Timothée Chalamet) e Suspiria (forse penalizzato dal ricordo di quello di Dario Argento). Mentre con questo film – tratto dal romanzo Bones & All (Fino all’osso) di Camille DeAngelis – tra il sangue di Suspiria e il racconto di formazione di Chiamami col tuo nome, Luca Guadagnino ha fatto centro. Lo dimostra il meritato Leone d’Argento per la migliore regia. Un film dal respiro internazionale, un horror on the road che ci fa viaggiare sulle strade degli States (Ohio all’Illinois, all’Iowa e al Nebraska). Le strade deserte, come i distributori di benzina desolati, l’America dei dipinti di Edward Hopper. I “non luoghi” e i panorami dei parchi americani con le loro distese infinite.

Non un viaggio in moto, come in Easy Rider, ma con un pick-up ma sempre alla ricerca della libertà di essere se stessi. Il tutto sottolineato da una possente colonna sonora (Kiss e Duran Duran).
Protagonisti sono due adolescenti antropofagi che divorano mistificatori e rappresentanti delle vecchie generazioni: Maren, interpretata da Taylor Russell (premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente), e Lee (il fascinoso Timothée Chalamet). Una Z generation minata dall’inquinamento, isolata e distanziata dagli altri come durante il lockdown, combattuta tra il sentirsi “diversi” e l’impossibilità, non trovando casa o lavoro, di condurre una vita “normale”. Soprattutto Maren ha problemi di autoaccettazione.

Questi cannibali, come i “diversi”, si trovano ovunque e si riconoscono dall’odore. Si intuiscono, si respirano, si annusano. Questa capacità intuitiva, primordiale, affidata al fiuto, è una capacità che l’uomo ha perso nel tempo. Eppure ogni persona ha un odore diverso e istintivamente siamo portati a diffidare di persone sconosciute mentre altre ci ispirano fiducia. Soprattutto i ragazzi hanno bisogno di annusarsi, toccarsi, di rapporti fisici e sensoriali. Queste relazioni fisiche, affidate ai sensi sono allo stesso tempo tenere e romantiche.

Diffidano dei vecchi e degli adulti. Sanno come vendicarsi, e ridurre all’osso, la malvagità dei prepotenti, la vigliaccheria degli ignavi, le menzogne dei depravati. Se una volta i cannibali mangiavano i loro nemici uccisi per assimilarne le qualità questi antropafagi questi mangiano carne viva, anche se per poco, divorano le interiora dei malvagi. Certo non è un film postprandiale e adatto a persone impressionabili, il tasso di globuli rossi è piuttosto alto.

Forse non a caso l’ambientazione, negli anni di fine secondo millennio, è in un periodo tra i più consumistici e divoratori. Ma forse Guadagnino poteva andare più in profondità e stilare un attacco più duro alla società emaginalizzante, che lascia indietro i più deboli, anche se proprio la distanza tra i due adolescenti e la società, che li circonda ma non li accoglie o include, è la denuncia di per sè più forte.

Il filo conduttore del duo di cannibali è l’amore ed è l’unica, e più forte, componente normale tra la coppia. La loro fame d’amore è più forte di quella della carne, si amano “fino all’osso”, in modo totalizzante come solo gli adolescenti sono capaci di fare e donarsi. Non sono cannibali per scelta e non se ne vantano, ne soffrono come Maren, e hanno un’etica e delle regole. I loro tentativi di condurre una vita di coppia normale vengono intralciati da un anziano, non a caso disgustoso, stalker-cannibale, Sully interpretato magistralmente da Mark Rylance (già premio Oscar).
Bones and All, afferma il regista, è un film “sugli amori impossibili, sui reietti e sul sogno di trovare un luogo in cui sentirsi a casa”.