Venezia 80. Il male non esiste (Evil Does Not Exist, Aku wa sonzai shinai) di Ryûsuke Hamaguchi
Il film vincitore del Leone d’argento – Gran Premio della Giuria alla Biennale Cinema di Venezia 2023, già al cinema
Il male non esiste di Hamaguchi Ryusuke (regista premio Oscar per Drive My Car) è il film con cui chiudere l’anno passato e porsi domande urgenti sul nostro futuro a cui rispondere nell’anno nuovo.
La scena iniziale è un’overture. Una musica seducente, rilassante, accompagna la carrellata di una cinepresa rivolta verso l’alto che inquadra le cime degli alberi e un cielo invernale.
In un villaggio montano vivono il boscaiolo Takumi, e sua figlia Hana, custodi di una vita ancora in perfetta armonia con la natura. Il padre single e la figlia rispettano le regole della natura, respirano in sintonia con essa, ne conoscono modi e forme. L’acqua della sorgente, come l’aria, è pura e rende unici gli udon. Ma il neoliberismo raggiunge anche il piccolo villaggio di Mizubiki, vicino a Tokyo. Un’azienda senza scrupoli vuole costruire un glamping (campeggio glamour, di lusso). Tutto ciò metterebbe a repentaglio l’equilibrio ecologico del luogo. Per questo il progetto non convince però gli abitanti del piccolo villaggio, che si oppongono all’apertura del glamping.
La loro resistenza dovrà però affrontare una situazione imprevista, che cambierà il destino di tutti. Preparatevi a un finale onirico.
Nella frase di Takumi: “L’equilibrio è fondamentale. Se si esagera l’equilibrio ne risente”, c’è il senso del film e la spiegazione della situazione attuale a cui la natura si sta ribellando. Si è aperto un conflitto tra natura e modernità consumistica, tra tradizioni e innovazioni. Il racconto diventa così una parabola universale, permeata di un umanesimo pacifista, un carme di un pianeta ferito.
L’assemblea del villaggio (stile Frederick Wiseman, di abitanti consapevoli) contesta il progetto turistico temendo che le fosse biologiche inquineranno le falde acquifere, inoltre per tenere fuori i grandi animali sarà necessario costruire recinti molto alti. Non ultimo i turisti invaderanno quel paradiso naturalistico dove il male non esiste. A queste proteste il regista risponde con una inversione.
Il film sfiora vari temi: l’overtourism, il riscaldamento globale, le guerre per l’acqua, la proprietà dei territori e l’impatto della moda dei rifugi nei boschi per gli abitanti stressati delle città che non sanno vivere in armonia con l’ambiente. Una sinfonia ancestrale dove “il male non esiste” nella piccola e pura Hana e nella natura, che se ferita può vendicarsi.
Il regista ha raccontato la genesi del film: “In questo film ho avuto l’opportunità meravigliosa di lavorare di nuovo con l’autrice delle musiche di Drive My Car, Eiko Ishibashi. Il progetto del film è nato infatti quando Eiko mi ha chiesto di creare delle immagini per la sua performance dal vivo […] Dopo le riprese, ho capito di essere riuscito a catturare le interazioni tra queste persone immerse nella natura e di aver completato il progetto come un film autonomo con il bellissimo tema musicale di Eiko Ishibashi. Spero che il pubblico percepisca la forza vitale dei protagonisti e del loro dibattersi nella natura circostante e nella musica”.