Parco archeologico del Colosseo. Nella Vigna Barberini si coltiva l’uva “pantastica”
L’uva pantastica di Plinio e il vitigno Bellone
Il Parco archeologico del Colosseo veste “green” grazie alla sua area verde che si estende, nel cuore della città di Roma, per più di quaranta ettari (considerando solo il territorio del Foro Romano e del Palatino). Un “parco naturale” dove la vegetazione, tipica dell’area mediterranea, convive con i grandi alberi piantati negli ultimi secoli al fine di far rivivere i fasti dei rinascimentali Horti Farnesiani. Per dare un contributo allo sviluppo dell’economia sostenibile il Parco archeologico del Colosseo ha lanciato il progetto “Parco Green”. Gli obiettivi sono: diminuire l’inquinamento, conservare l’ecosistema, la biodiversità e ora anche le barbatelle nella Vigna Barberini.
Tra le attività del Parco, all’ombra del Colosseo: la raccolta delle piante e dei frutti spontanei e la messa a dimora di essenze antiche e rinascimentali legate alla storia del sito. Ora a queste ultime sono state aggiunte, nella Vigna Barberini, anche le barbatelle della varietà Bellone.
Da ricerche storico-archeologiche sui vini migliori nell’antica Roma è emersa l’esistenza di un antichissimo vitigno autoctono chiamato da Plinio “uva pantastica”, da cui deriverebbe il vino Bellone (coltivato nella provincia di Roma e in quella di Latina).
Così è nata l’idea di impiantare una piccola vigna sul Colle Palatino, denominata “Vigna Barberini”, dall’omonima famiglia romana che nel XVII secolo ne deteneva la proprietà.
La coltivazione della vite è sempre stata di rilevante importanza per tutte le antiche civiltà, compresa quella romana. Sono state ritrovate tracce archeologiche che testimoniano che i Romani furono eccellenti viticoltori: trincee della coltivazione della vite, per lo più a filari, e anche ad alberello per la vite così detta “maritata”.
Il Parco archeologico del Colosseo conserva ancora nella sua toponomastica delle aree denominate “vigna”. Inoltre nei documenti la presenza dei vigneti è testimoniata.
Le fonti antiche, tra cui la Naturalis historia di Plinio il Vecchio, tramandano l’esistenza, nella piazza del Foro Romano, di tre piante simbolo della cultura romana: Ficus, Olea et Vitis. Tuttora, piante delle stesse specie, vengono mantenute nel medesimo sito in ricordo di quelle antiche.
L’agricoltura, come la coltivazione dell’olivo e della vite, era considerata l’attività moralmente più degna dal cittadino romano.
L’impianto della Vigna Barberini sarà curato da Cincinnato, una delle più importanti realtà cooperative vitivinicole del Lazio. Un’azienda che produce, in regime biologico, il vino Bellone nel territorio di Cori (Monti Lepini). Dal 2001 l’azienda vitivinicola ha puntato sulla valorizzazione e il recupero ampelografico degli antichi vitigni autoctoni: Nero Buono e Bellone.
Un vigneto nel cuore di Roma è importante anche come simbolo dell’Italia nel mondo del vino. Coltivare Bellone sul Palatino è senz’altro un’operazione di marketing culturale. Un importante progetto di eno-archeologia che promuove l’Italia del vino. L’importanza della vite nella storia italiana e romana è documentata. Da oggi la storia torna a essere realtà in un contesto unico e di incomparabile bellezza. Turisti e visitatori potranno vedere, toccare i germogli e i grappoli fino a maturazione ma il vino non sarà in commercio.
L’impegno assunto dall’azienda è l’adozione, nella Vigna Barberini, di lavorazioni esclusivamente manuali per determinare il minor impatto possibile. I pali di sostegno sono in castagno e la produzione è in regime biologico senza il supporto di un sistema di irrigazione. L’impianto riconduce volutamente a quelli di primo Novecento. Un impianto che punta a tramandare, divulgare ed educare alla cultura del vino. La prima vendemmia è prevista nel 2023.
Una passegiata nel Parco, oltre a essere archeologica e culturale, offre l’opportunità di verificare la presenza di molti alberi di olivo (189), di varie epoche di impianto. Da esemplari centenari (quelli vicino l’arco di Tito) a quelli piantati recentemente in un paesaggio dove sono sempre stati fin dall’antichità. Il PArCo si è fatto promotore di un progetto che è anche espressione di un’etica ambientale. Raccogliere le olive ha eliminato lo spreco e il problema di pulizia e sicurezza creato dalle olive sui viali del sito archeologico. Questo recupero virtuoso ha consentito la produzione dell’olio del Palatino, Extra Vergine di Oliva [EVO], da alberature su cui non sono effettuati trattamenti fitosanitari chimici.
All’inizio del 2020 ha preso avvio il progetto SPECTIO, mirato all‘osservazione e lo studio delle abitudini della fauna e soprattutto dell’avifauna locale. La spectio, nell’antica Roma, era l’osservazione rituale del volo degli uccelli da cui fosse possibile trarre auspici (previsioni per il futuro). Nel rispetto del rituale la spectio si doveva compiere in uno spazio sacro deputato.
Tra il Circo Massimo e i Fori Imperiali sono stati avvistati una coppia di falchi pellegrini (Falco peregrinus).
Non manca nel Parco anche una civetta, simbolo di saggezza, di sapienza e protettrice delle arti. Nella mitologia romana la civetta è la personificazione della dea Minerva. Assume valenze legate all’arte, alla conoscenza, al commercio e alla poesia. Proprio nell’Anfiteatro Flavio si è udito il richiamo di questo rapace notturno.
Informazioni
Parco Archeologico del Colosseo
Piazza S. Maria Nova, 53
00186 Roma