Venezia 81. The Order: quando la violenza diventa uno strumento di pulizia etnica
La prima volta in concorso a Venezia il regista australiano Justin Kurzel presenta L’Ordine
Nel giugno 1984 viene ucciso il conduttore radiofonico ebreo Alan Berg, Kurzel esplora i motivi dietro quel gesto che è solo la punta di un iceberg di una compagine neonazista pronta a sovvertire la democrazia americana.
Il lungometraggio racconta, proprio nel biennio reaganiano 83-84, le vicende dell’agente FBI Terry Husk interpretato da un maestoso Jude Law. Arrivato nella piccola cittadina di Metaline (Washington) è chiamato a indagare, con l’aiuto di una collega Jamie Bowen (Tye Sheridan), sui crimini e rapine in banca di un’organizzazione criminale. Questa punta a qualcosa di più grande: ripulire etnicamente la società.
The Order, oltre a essere il titolo del film, è il nome del gruppo neonazista fondato e capeggiato dal feroce e autoritario Bob Mathews. Personaggio, interpretato da Nicholas Hoult che vuole interporre al governo un esercito armato fino ai denti per mettere in pratica quella pulizia etnica tanto agognata e ispirata dai dettami di un libro, manuale di guerra civile, The Turner Diaries, di William Luther Pierce.
Questo era un estremista fondatore della neonazista National Alliance. I membri dell’Ordine si spingono fino al fatto di cronaca realmente accaduto il 18 giugno del 1984. Per preparare il terrorista l’attore ha dichiarato: ”Per le prime settimane non ci siamo mai parlati con Jude, la distanza ci è servita per costruire la relazione tra i nostri personaggi. La prima volta che ci siamo rivolti la parola è stato durante un ciak, ciò ci ha aiutato a dare energia incredibile alla scena”.
Il regista è adatto a raccontare una storia del genere in quanto ha già diretto altre pellicole di eventi tragici e particolarmente sanguinari, come Nitram e Snowtown, che hanno messo in luce tutta la violenza di cui è capace l’essere umano.
Il regista si è ispirato, a suo dire, a modelli iconici come “come Il braccio violento della legge, ma è sempre più difficile fare questo tipo di film. Il lavoro sulle location è stato molto importante, volevo che i personaggi facessero parte del luogo. Credo che il film sia molto legato all’epoca dei fatti, anche se i paragoni col presente si sprecano”.
Unica pecca forse, rispetto anche ai suoi film precedenti, è la mancanza di un po’ di drammaticità nei momenti salienti. Il rapporto tra la violenza e il luogo sullo sfondo, quel politcally incorrect, quel punto di vista disturbante e di degrado che caratterizzava i nostri protagonisti “fuorilegge”. Non sembra ben definito oltretutto il background dei protagonisti: come sono arrivati a diventare suprematisti bianchi, a compiere crimini efferati o ad acciuffare i criminali.
Film molto interessante per comprendere quello spaccato del passato americano. Ma che ha una preoccupante risonanza nel nostro presente, come la violenza sfociata nell’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio del 2021. Un inquietante presagio sembra essere l’epistassi del detective, Jude Law. Quasi a voler dire che la minaccia non si è certo esaurita con lo spegnersi di quel movimento e le elezioni presidenziali americane sono in dirittura finale.
Il film è basato sul libro: The Silent Brotherhood di Kevin Flynn e Gary Gerhardt.