RoFF18. Palazzina LAF, il primo caso di mobbing in Italia.

Il caso Ilva di Taranto, dal 30 novembre al cinema
Il film è ambientato nel 1997, nel quartiere Tamburi, dove si sono realmente svolti i fatti. Mentre la Palazzina LAF e diversi altri ambienti, sono stati ricostruiti in Toscana, nello stabilimento siderurgico ex Lucchini di Piombino.
Nel complesso industriale Ilva di Taranto, esisteva la Palazzina LAF dove venivano trasferiti i ‘lavoratori ribelli’ che non condividevano la ristrutturazione aziendale. A questi non veniva assegnata alcuna mansione. Dovevano trascorrere le giornate lavorative nel completo ozio. Una perversa strategia aziendale per piegare psicologicamente i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o ad accettare il demansionamento.
Si trattava per la maggior parte di personale qualificato, tra ingegneri e sindacalisti, in attesa dell’accettazione di demansionamento a livello operaio, di cassa integrazione o di licenziamento.
Caterino Lamanna (Michele Riondino, regista del film) operaio non qualificato dell’Ilva, era stato costretto ad abbandonare la masseria del padre (masseria Fornaro, nord di Taranto a qualche chilometro dall’ex ILVA) a causa dell’inquinamento che aveva ucciso le sue pecore.
Lamanna è il personaggio perfetto da utilizzare come spia, considerato che nella sua povera ignoranza, pensa che chi muore sul lavoro è perché non sia capace di eseguirlo, perciò le acciaierie non fanno per loro.
Quando conosce la Palazzina LAF, invidia quelle 79 persone lì relegate e chiede di venirvi trasferito anche lui. Proprio perchè non si lavora e si viene pagati ugualmente. [“Professione nullafacente: pagati per non lavorare”, pubblicato su “Corriere Lavoro” (supplemento del Corriere della sera) del 21 gennaio 2000].
Entra in scena il perfido Giancarlo Basile (un odioso Elio Germano), colletto bianco, dirigente senza scrupoli, che accetta di buon grado la richiesta di Caterino purchè sia disposto a spiare, pedinare e riferire ciò che i sindacalisti relegati nella LAF stanno organizzando.
Il film di Riondino predilige il cinema e non il documentario denuncia. La storia è una grottesca commedia, spesso anche comica, che scorre libera senza tempi morti. Lascia l’amaro in bocca pensando a Emilio Riva, presidente del consiglio d’amministrazione dell’Ilva, Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento di Taranto, e un caporeparto, Antonio Bon, condannati a due anni e tre mesi di reclusione.

Per non parlare del processo chiamato ‘Ambiente Svenduto’ sull’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico. In quest’ultimo Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, sono stati condannati a 22 e 20 anni di reclusione perchè in concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Avverso questa sentenza, del 31 maggio 2021, di condanna in primo grado Fabio e Nicola Riva hanno presentato appello.
“Tutti i fatti narrati nel film sono frutto di interviste fatte a ex lavoratori ILVA ed ex confinati, i passaggi finali sono dettagliatamente presi dalle carte processuali che hanno determinato la condanna degli imputati e il risarcimento delle vittime.”
Palazzina LAF – Voto 8,5 (max 10)
Informazioni
Produzione: Palomar Bravo, BIM Distribuzione, RAI Cinema, Paprika films