Torino. Un Museo Egizio da Oscar

Torino. Un Museo Egizio da Oscar

Gli “imperdibili” per una magica immersione nella storia, nella cultura e nell’arte egiziana

Il Museo Egizio vale un viaggio. Non a caso Jean-François Champollion (che decifrò la scrittura geroglifica) ha affermato: “La strada per Menfi e Tebe passa da Torino”. Lo hanno reso famoso non soltanto i suoi 40.000 reperti, che vanno dal 3900 a.C. al 642 d.C., ma soprattutto il piacere con cui si ammirano – dopo la sua trasformazione nel 2015 – quattro piani di storia, cultura e arte, . Un restyling radicale e l’allestimento di Dante Ferretti, triplo Oscar (Aviator, Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street e Hugo Cabret), ne fanno un museo faraonico.

L’interesse per l’Egitto ha origini antiche ma è soprattutto nella seconda metà del 1700 che inizia l’esplorazione sistematica del Paese. Risale al 1799 la scoperta della Stele di Rosetta (con tre iscrizioni in lingue diverse) grazie alla quale i geroglifici vengono decifrati. Poi i Savoia acquistarono una importante collezione (5300 oggetti), comprendente il papiro di Iuefankh lungo 19 metri con il testo del Libro dei Morti, dotando Torino (1824) del primo museo al mondo dedicato esclusivamente alla civiltà faraonica. Divenne così meta per l’egittologia internazionale.

Sepoltura predinastica
Sepoltura predinastica

Al secondo piano del museo è possibile ammirare i reperti dell’Epoca Predinastica. Era il periodo in cui ancora non c’era la scrittura geroglifica e i defunti erano deposti su un fianco in buche ovali o circolari (come si vede nella foto). Della metà del III millennio a.C. sono la tavolozza per cosmetici, alcuni oggetti ornamentali e vasi in ceramica.

Anubi
Anubi

Tra tutti spicca un manufatto eccezionale: la tela di Gebelein (che deve il suo nome al sito, a 30 km a sud di Tebe, dove è stata trovata). Si tratta di una tela di lino dipinta con scene di paesaggio nilotico con uomini intenti in varie attività. Le inondazioni del fiume, anche mezzo di comunicazione, rendevano, grazie al limo depositato, il terreno fertile. Questa è la più antica pittura su lino.

Museo Egizio, La tela di Gebelein, lino dipinto (3600 - 3350 a.C.)
La tela di Gebelein, lino dipinto (3600 – 3350 a.C.)

Grazie alle campagne di scavo, nei due primi decenni del 1900, portate avanti da Ernesto Schiaparelli, il museo si arricchì di reperti di pregio, come i 450 del corredo della tomba di Kha e Merit e le pitture della tomba di Iti e Neferu. Quest’ultima è una sepoltura di personaggi di alto rango, databile tra il 2118 e il 1980 a.C., ed è situata presso la collina di Gebelein. La facciata contava sedici pilastri, davanti un cortile e dietro un corridoio di trenta metri voltato a botte.

Tomba di Iti e Neferu (2118 - 1980 a.C.), Sacrificio davanti al sarcofago di Iti
Tomba di Iti e Neferu, Sacrificio davanti al sarcofago di Iti

Da questo si accedeva a undici stanze, di cui una, la cappella per il culto dei proprietari, era decorata. Mentre le restanti accoglievano il corredo del defunto. Le pitture furono staccate e portate a Torino per essere esposte nel Museo Egizio. Nella camera centrale erano presenti splendide pitture con scene riturali d’offerta, finalizzate a prolungare la vita del defunto nell’aldilà. Iti era il capo delle truppe e tesoriere del re, come si evince da una stele rinvenuta nel corridoio.

Tomba di Iti e Neferu, antilopi
Tomba di Iti e Neferu, antilopi

I colori brillanti, la raffinatezza dei disegni di questi dipinti di oltre 4000 anni fa lasciano esterrefatti. Scopriamo come all’epoca fosse normale allevare antilopi.
Svetta nella sala la Statua di Aanen, secondo sacerdote di Amon. Indossa una lunga veste e la pelle di leopardo dei sacerdoti dove le macchie del felino sono però sostituite da stelle. Sull’ornamento della cintola si legge il suo nome e l’iscrizione che lo identifica come sacerdote astronomo: “uno che conosce la processione del cielo”.

Il culto di Amon viene soppiantato da quello del disco solare, l’Aten. Il sovrano cambia il suo nome: “Colui che è al servizio dell’Aten”, Akhenaten. Fonda, nell’odierna Amarna, la nuova capitale: Akhetaten (“Orizzonte dell’Aten”). Questi cambiamenti durarono circa 20 anni fino all’avvento di Tutankhaten (“immagine vivente dell’Aten”) rinominato Tutankhamon (“immagine vivente di Amon”), con cui tornano alla ribalta i culti delle antiche divinità.

Museo Egizio, Ostrakon della ballerina (1291 - 1076 a.C.), Deir el-Medina
Ostrakon della ballerina, Deir el-Medina

Al primo piano lo straordinario ostrakon (schegge di calcare con un repertorio iconografico ampio e formalmente più libero di quello presente nei templi, legato a regole e convenzioni rigorose). Lo testimonia questa sorprendente e sensuale ballerina (1291 – 1076 a.C.) proveniente da Deir el-Medina. Villaggio in cui sono avvenuti scioperi per carenze delle razioni alimentari, documentati da un papiro in cui è riportata la notizia, durante il regno di Ramesse III. Si tratta del primo sciopero documentato (da un papiro del 1187 – 1157 a.C.) della storia, che è indice del declino dell’Egitto.

La Cappella di Maia (1334 - 1324 a.C.) Deir el-Medina
La Cappella di Maia (1334 – 1324 a.C.) Deir el-Medina

Nella cappella funeraria di Maia sembra di entrarci dentro, meravigliosamente dipinta stupisce per la sua bellezza. Scoperta nella necropoli di Deir el-Medina nel 1906 le sue pareti sono realizzate in mattoni di fango fresco e paglia, poi coperte da intonaco. I colori usati per i dipinti (“strappati” e portati a Torino) sono ricavati da minerali e vegetali

Maschera funeraria di Merit
Maschera funeraria di Merit

Sempre nel 1906 la Missione Archeologica Italiana scopre il pozzo di accesso a una camera con un corredo funerario integro della tomba di Kha e Merit, due defunti di alto rango. Il sarcofago intermedio di Kha, direttore dei lavori (architetto), riproduce la raffigurazione della mummia rivitalizzata. Su questo erano poggiate due ghirlande di loto e il papiro del Libro dei Morti, lungo 14 m con 33 formule (delle 200 complessive). La mummificazione dei due defunti è avvenuta con una immersione in una soluzione di natron. La TAC ha evidenziato che i due corpi non sono stati eviscerati, infatti i vasi canopi sono assenti. Nella tomba erano presenti anche provviste di cibo e bevande con cui i defunti dovevano alimentarsi per sopravvivere nell’aldilà.

Parrucca di Merit, capelli umani
Parrucca di Merit, capelli umani

Merit era priva di un sarcofago intermedio ma aveva una maschera in cartonnage (una specie di cartapesta fatta con bende di lino bagnate di gesso). La maschera dorata, destinata secondo il Libro dei Morti a proteggere il defunto e a restituirgli la vista, è decorata con pietre dure e vetro. Gli Egiziani credevano che gli dei fossero fatti di oro e lapislazzuli. La parrucca di Merit è un reperto straordinario in quanto è realizzata con capelli veri intrecciati. Da notare anche l’elegante cofanetto da toeletta di Merit. Fanno parte del corredo di Kha anche alcuni strumenti da lavoro come il cubito pieghevole in legno (usato per misurare) con il suo astuccio in cuoio per essere portato alla cintola e un altro ricoperto con foglia d’oro, dono del faraone Amenhotep II. Presente anche il corredo di biancheria intima di Kha: tuniche e perizomi triangolari.

Museo Egizio, Sarcofago per gatto
Sarcofago per gatto

Tra la serie dei sarcofagi (da σαρκοφάγος, “che consuma carne”) incontriamo quelli delle tre sorelle: Tapeni, Tamit e Renpetnefret. Gli dei erano associati agli animali per cui non stupisce la mummificazione degli stessi, nota sin dal 3000 a.C. Alcuni di questi erano portati al tempio come offerte ai sacerdoti. Se alcuni animali venivano mummificati dopo la loro morte naturale altri – come gatti, cani e pesci – venivano tenuti nei templi e poi uccisi per essere mummificati.

Galleria dei re
Galleria dei re

Al piano terra la spettacolare Galleria dei Re. Queste statue colossali, ben illuminate da fasci di luce su sfondo scuro, sembrano emergere dal passato e destano la meraviglia dei visitatori. Anche sulla fronte della statua di Ramesse II compare il serpente ureo che ne attesta la natura divina. Tiene sul petto lo scettro heqa. Così la descrive Jean-François Champollion: ” La testa è dvina, i piedi e le mani sono ammirevoli, il corpo è voluttuoso: la chiamo l’Apollo del Belvedere egizio… in breve ne sono innamorato”.

Museo Egizio, Statua di Ramesse II
Statua di Ramesse II

Il faraone e la regina potevano anche essere rappresentati come sfingi. Queste avevano il ruolo di guardiani ed erano poste all’ingresso di un tempio o di particolari stanze. Esposta una con il volto di uomo e corpo di leone, simboleggiava la potenza dell’animale, connesso con il dio sole, con l’uomo. Sekhmet era la pericolosa figlia del sole e pertanto temuta. La statua nella foto riporta due urei sulla fronte, invece che uno e l’iscrizione sul davanti del trono recita: “Colei che fa il bene, che fa vivere le Due Terre”.

Statua della dea Sekhmet (1390 - 1353 a.C.)
Statua della dea Sekhmet (1390 – 1353 a.C.)

Se l’allestimento, gli spazi, l’illuminazione del museo rinnovato sono egregi l’unico punto a sfavore è il Museum Shop (situato al piano -1). Ricco di testi e oggetti era però privo del catalogo in italiano (esaurito). Infine era possibile effettuare acquisti solo in contanti perchè i POS non erano funzionanti. Ciò ha creato lunghe file e soprattutto il disappnto e rammarico di molti turisti stranieri. Alcuni di loro sono andati via rinunciando ai loro acquisti.

Informazioni

Museo Egizio di Torino

Indirizzo: via Accademia delle Scienze, 6
Orari: lunedì 9 – 14 e dal martedì alla domenica 9 – 18:30
Acquisto del biglietto online
Telefono 011 44 06 903
Email: info@museitorino.it
Biglietto intero: 18 euro

Antonella Cecconi

Viaggi-cultura dipendente. Amo raccontare luoghi, persone, arte e culture. Innamorata dell'orizzonte non potrei vivere senza nuove destinazioni, arte, mare e la mia porta per l'altrove: i libri. I regali più graditi: un biglietto per un viaggio o un libro. Segni distintivi: una prenotazione in tasca, un libro nell'altra e un trolley accanto al letto. antonella@nomadeculturale.it

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