Ottocento, Novecento e “Hic sunt Dracones” alla GAM

Bellezza diffusa alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
OTTOCENTO

Dal 7 ottobre fino all’11 aprile 2023 la GAM espone i suoi gioielli dall’Unità d’Italia all’inizio del Novecento, da quattro anni non visibili al pubblico. In mostra settantuno opere tra dipinti, pastelli, grandi disegni a carbone, sculture in marmo, delicati gessi e cere. Tra opere più famose, come L’edera di Tranquillo Cremona o Lo specchio della vita di Pellizza da Volpedo, anche quelle meno note come La femme de Claude di Francesco Mosso. Una grande tela, il cui vero titolo sarebbe dovuto essere L’adultera, del giovane artista morto a soli ventinove anni. L’opera rappresenta una giovane donna vittima della violenza del marito, una delle prime immagini di femminicidio, in cui la protagonista è raffigurata con uno sguardo colmo di terrore negli occhi.

In mostra anche figure femminili mitologiche come la fascinosa Sirena di Giulio Aristide Sartorio (nella prima foto sullo sfondo). Oltre ai lunghi capelli ramati si si scorge la coda di pesce gattuccio, predatore della famiglia degli squali. Un soggetto, caro alla cultura preraffaellita, che rappresenta sia il fascino che i pregiudizi che gli uomini di allora nutrivano nei confronti della donna.
NOVECENTO

Nelle sale dedicate al Novecento incontriamo, in un felice allestimento che pone spesso opere a confronto, artisti come Giorgio De Chirico, Giorgio Morandi e Arturo Martini. Dall’Autoritratto in forma di gufo (1936) del fratello di Giorgio De Chirico, Alberto Savinio (1891 – 1952), trapela la cultura surrealista parigina in cui si era formato.

Inoltre la GAM possiede una importante collezione di opere di Felice Casorati (1883 – 1963), che lavorò a Torino nella maggior parte della sua carriera. Poi si passa alle avanguardie storiche, secondo e terzo decennio del Novecento, con Francis Picabia (vedi Il bacio, dipinto dalla sensualità naïf).

Del 1919 è il luminoso dipinto insolitamente romboidale di Otto Dix (1891 – 1969) che racconta i viaggi per mare tra terre lontane, culture e civiltà di un marinaio. Anche il solo dipinto di Amedeo Modigliani, La ragazza rossa (testa di donna dai capelli rossi) 1915, vale viaggio a Torino. Per la scultura spicca Arturo Martini (1889 – 1947).

Osvaldo Licini (1894 – 1958), con La sera, attraverso i suoi colori e linee eleva il visitatore nel mondo della poesia. Mentre Renato Guttuso (1911 – 1987) con i suoi colori, volumi e passioni riconduce la pittura alla sua fisicità. Nel dopoguerra, e nonostante i bombardamenti, la Galleria Civica inizia ad accogliere importanti opere internazionali. In mostra anche Lunar Landscape (1959), assemblaggio di oggetti oscurati da un profondo nero, dell’artista americana Louise Nevelson (1899 – 1988). L’artista sciamana è stata celebrata a Venezia con la mostra Persistence, per il sessantesimo anniversario della sua partecipazione alla Biennale Arte del 1962 quando fu chiamata a rappresentare gli Stati Uniti nel padiglione americano.

Sempre una ricerca sulla monocromia, unitamente a quelle sul corpo e anima, è portata avanti da Yves Klein (1928 – 1962), che ha brevettato un suo blu personale. Un blu che colora uniformemente il Portrait Relief of Claude Pascal (Ritratto in rilievo di Claude Pascal), 1962. Un rilievo che si protende da una tavola con fondo oro, probabile evocazione dell’antica pittura bizantina.
Presente in Galleria anche il più famoso rappresentante della Pop Art, Andy Warhol (1928 – 1987), con le sue immagini tratte dal mondo della comunicazione (media e pubblicità). Accanto all’opera di Warhol l’Omaggio a Billie Holiday (1964) di Pino Pascali (1935 – 1968).
Hic sunt Dracones (fino al 12 marzo 2023)

La visita, e il piacere estetico, continua con la mostra Hic sunt Dracones che si snoda in due percorsi intrecciati: quello di Chiara Camoni e quello del collettivo Atelier dell’Errore. Un racconto che si sviluppa attraverso opere che si confrontano e fronteggiano. In un’era di trasformazioni il pensiero metamorfico permea l’arte contemporanea.

“Il pensiero metamorfico – scrive la curatrice, Elena Volpato – è una variante diversa e sorella del pensiero della contraddizione. In letteratura è il pensiero che giunge da fuori, come un soffio d’ispirazione. Giunge serpentino e ossessivo come quello oracolare delle pizie [n.d.r. Pìzia, dal vocabolario Treccani: “Nell’antica Grecia, la vergine sacerdotessa che, a Delfi, ricevute le richieste degli interroganti, entrava nell’adito del tempio e recitava in stato di estasi i responsi dell’oracolo di Apollo Pizio, pronunciando parole più o meno sconnesse, che un sacerdote addetto (προϕήτης) parafrasava in versi”].

Modifica la natura di colui che lo accoglie e gli dona la capacità di leggere simbolicamente, in filigrana, ogni aspetto del reale; di guardare ogni forma nella sua continua possibilità di trasformazione e analogia con altre forme. Significa saper guardare una cosa, riconoscerla, e allo stesso tempo vedere in essa anche ciò che solo apparentemente non è.

È un pensiero che genera draghi: esseri ibridi e polimorfi per i quali la tradizione medievale contempla il mescolarsi di ogni possibile tratto anatomico. Allo stesso modo ispira opere che rifuggono da ogni classificazione, che esorbitano da ogni griglia, che tengono insieme più immagini, più tempi, più momenti.

Sia Camoni sia AdE lavorano spesso in modo germinativo, ci consegnano opere in cui è ancora possibile leggere lo sviluppo di crescita in un aggiungersi progressivo di elementi da cui nasce l’insieme: dettaglio dopo dettaglio. Ma ci mostrano anche un graduale modificarsi delle forme, di opera in opera, in una metamorfosi diacronica del lavoro che mantiene in sé l’ambiguità e la magia della matrice ciclica in cui ogni progredire è anche un ritornare.

AdE e Camoni frequentano l’alterità. L’Atelier dell’Errore lo fa per costituzione, raccogliendo sotto la direzione di Luca Santiago Mora la maestria di giovani artisti, con tratti neurologici atipici, con una naturale predisposizione al soffio errante di quella che gli antichi chiamavano follia: forma principe del pensiero metamorfico.

Chiara Camoni è invece in naturale connessione con principi altri rispetto a ogni nostra ortodossia culturale, è legata alle matrici del prima. Sa volgere al femminile il mondo e nel farlo riporta alla luce le origini cancellate, i nostri fondamenti: tralascia Apollo perché ricorda le ninfe serpenti che prima di lui vaticinavano a Delfi. Depone la tradizione degli antichi maestri per ricordare gesti creativi ancor più antichi, iscritti nelle nostre origine, così come nella natura.

Chiara Camoni con i suoi collaboratori del Centro di Sperimentazione e con artisti amici spesso lavora collettivamente e Atelier dell’Errore non può che lavorare in tal modo. Anche questo vuol dire coltivare la metamorfosi e l’ibridazione contraddittoria: accogliere lo sguardo altrui, mettere insieme più teste nel cerchio intimo del pensiero creativo sono forse l’ultima frontiera sulla via dello scoprirsi altro da sé. Lì sono i draghi.”

Tra queste opere si ripercorre una storia ancestrale, fatta di miti, essere antropomorfi, figure metamorfiche che scaturiscono da un unico universo. Ibridi vegetali, animali e umani che, attraverso la creatività degli artisti, diventano apparizioni, abitanti,di un mondo altro, come le Sister di Chiara Camoni fatte di ferro, terracotta nera etrusca, insetti, fiori ed erbe selvatiche secche.

La Sfinge dell’artista sembra provenire dal passato ma è realizzata anche con materiali contemporanei come una betoniera, gres smaltato con cenere vegetale e altri. Sintesi temporale di passato/presente e di materiali, un drago moderno.
Ricca di significati ed evocazioni la fotografia del 1973 (in mostra insieme a un’altra foto e un video), scattata in occasione della performance di Jannis Kounellis presso la galleria La Salita di Roma. L’artista è seduto al centro con una maschera di Apollo sul viso, su un tavolo i frammenti di una scultura classica, sopra il torso sta un corvo impagliato, al lato un suonatore di flauto esegue musiche Mozart. Espressione di un ciclo di morte, vita e rinascita in cui l’artista incarna la divinità.
Informazioni
GAM – GALLERIA CIVICA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Indirizzo: Via Magenta, 31, Torino
ORARI: martedì – domenica: 10:00 – 18:00. Lunedì chiuso.
La biglietteria chiude un’ora prima
BIGLIETTI: Intero 10 euro; Ridotto 8 euro
Il biglietto è incluso nella visita al museo
SOCIAL:
Facebook: @torinogam
Instagram: gamtorino