Venezia, in mostra a Palazzo Ducale Jheronimus Bosch

Venezia, in mostra a Palazzo Ducale Jheronimus Bosch

A Palazzo Ducale (Appartamento del Doge) ultimi giorni per ammirare i colori, tornati al loro splendore grazie a un sapiente restauro, delle opere veneziane di Jheronimus Bosch, l’alchimista del Quattrocento. Fino al 4 giugno 2017.

I tre capolavori (due trittici e quattro tavole) di Bosch – Il martirio di santa Ontocommernis (Wilgefortis, Liberata), Tre santi eremiti e Paradiso e Inferno (Visioni dell’Aldilà) – custoditi alle Gallerie dell’Accademia, sono stati tornati al loro antico splendore grazie a una campagna di restauri finanziata dal Bosch Research and Conservation Project (brcp) e dalla Fondazione Getty di Los Angeles. In occasione dei 500 anni dalla morte di Jheronimus Bosch (vissuto tra il 1450 circa e il 1516 a ‘s-Hertogenbosch – Boscoducale – in Olanda), sono state già dedicate al pittore due grandi mostre monografiche nella città natale e al Prado di Madrid. 

cardinal Grimani
Piccola Afrodite anadyomene (metà del II sec. d.C.) Un tempo nella raccolta del cardinal Domenico Grimani, ritratto da Jacopo Palma il Giovane (1548/50) sullo sfondo

Questa pregevole mostra, con a una cinquantina di opere di contesto, pone in rilievo il legame tra l’artista fiammingo e uno dei più colti protagonisti dell’ambiente veneziano, il cardinale Domenico Grimani. Il Cardinale – effigiato in un tondo di Palma il Giovane insieme al nipote Marino e nella medaglia realizzata dal Camelio – era in rapporto con l’entourage colto giudaico e interessato alla cabala ebraica. Con ogni probabilità il nobile veneziano, Domenico Grimani (figlio di Antonio, il 76esimo Doge di Venezia), collezionava opere fiamminghe e ‘bizzarre’ per farne oggetto di discussioni erudite. 

Breviario Grimani
Breviario Grimani (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Cod. Lat. 1)

Altro personaggio importante per comprendere il rapporto di Bosch con Venezia è Marcantonio Michiel, esperto critico d’arte che nel 1521 descrive la collezione “lagunare” del cardinale Domenico Grimani e, oltre i dipinti nord europei, cita le tre opere di Bosch. Il Cardinale lasciò in eredità queste, e altre capolavori, alla Serenissima Repubblica di Venezia. Nel 1615 furono recuperate dalle casse nei sotterranei in cui erano conservate alcune di queste opere per essere esposte nella residenza dogale.
Grimani era una persona dai molteplici interessi: filosofia, teologia, collezionista di sculture classiche, amante di Tiziano, Raffaello, Leonardo e dell’arte fiamminga, in particolare delle visioni oniriche, mostruose e inquietanti ricercate dagli ambienti colti della Venezia dell’epoca. 

particolare
Marcantonio Raimondi, Il sogno (1506-08 bulino) particolare

La mostra costituisce una ghiotta occasione per ammirare l’eccezionale Breviario Grimani con le sue 110 miniature (1515-1520 c.), tra i più bei manoscritti miniati prodotti nelle Fiandre durante un periodo in cui, proprio per l’avvento della stampa, l’ars illuminandi stava tramontando. Il manoscritto è esposto in una teca ma su uno schermo a parete, sopra il breviario, è possibile vedere molte delle sue splendide miniature, dei veri e propri quadri.

 

Il tema del sogno è anche il soggetto del noto romanzo filosofico e visionario (pubblicato nel 1500 a Venezia da Aldo Manuzio) Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna. In mostra troviamo la bella incisione a bulino Il Sogno (1506-1508) di Marcantonio Raimondi (ispirata forse da una perduta tela di Giorgione) in cui ai piedi di due donne svestite e dormienti si aggirano vari mostriciattoli.

I restauri hanno rivelato come La santa Liberata e Inferno e Paradiso, conservate a Venezia, fossero inizialmente destinate a committenze nordeuropee, modificate forse dopo la morte di Bosch per adeguarle alla clientela italiana e a un nuovo destinatario. In particolare in occasione della pulitura è emersa la barba originale sulle guance della santa crocifissa, fatto che ha confermato l’identificazione della santa barbuta con Santa Wilgefortis (Virgo fortis), nota sotto il nome di Ontcommernis. La Santa è una martire venerata nel Brabante e Fiandre, sconosciuta in Italia, a cui Dio fece crescere la barba per evitarle il matrimonio con un pagano scelto dal padre, che per il suo rifiuto la fece crocifiggere. I due committenti (personaggi maschili) visibili soltanto attraverso le radiografie sono stati sostituiti, nelle ante laterali, da Sant’Antonio, un pellegrino e un soldato.

Non solo dal colorismo veneto e dal classicismo tizianesco, Venezia era affascinata da un mondo diverso fatto di visioni inquietanti, paesaggi allucinati con città incendiate, mostriciattoli di ogni tipo e apparizioni oniriche dalle forme bizzarre. Questo mondo alternativo, rispetto al rasserenante e apollineo classicismo, in voga all’epoca, è ben rappresentato in mostra dalle quasi cinquanta opere di contesto provenienti da collezioni internazionali pubbliche e private. Tra le opere esposte i dipinti di Jacopo Palma Il Giovane, Quentin Massys, Jan Van Scorel, Joseph Heintz, bronzi e marmi antichi, rari manoscritti e volumi a stampa. 
Il raffinato e colto ambiente veneziano amava le stampe tedesche di Dürer, Martin Schongauer e Lucas Cranach il Vecchio, artisti presenti in mostra. Quindi la presenza di Bosch a Venezia sarebbe la conseguenza di una moda, di un interesse diffuso negli ambienti intellettuali. Negli studioli dell’epoca c’erano piccoli bronzi di soggetto fantastico o mostri, come il Calamaio in forma di mostro marino di Severo da Calzetta (1510 – 1530), che ha lavorato nel XVI secolo a Padova alla Basilica del Santo, o come il Satiro seduto che beve di Andrea Briosco detto il Riccio.
Questi artisti hanno probabilmente attinto ai personaggi di fantasia delle grottesche e alle caricature di Leonardo (in mostra anche alcuni fogli leonardeschi, realizzati probabilmente da Francesco Melzi, dal Gabinetto dei Disegni e Stampe delle Gallerie dell’Accademia).

Tra i contatti ebraici del cardinale Domenico Grimani c’era il suo medico personale Meir de Balmes che aveva ottimi rapporti con il più importante editore di libri in lingua ebraica, Daniel van Bomberghen che nutriva una particolare passione per le arti figurative e si era stabilito a Venezia intorno al 1515. Quest’ultimo era probabilmente il tramite del cardinale per i suoi acquisti di opere d’oltralpe ed era coadiuvato da Cornelis De Renialme (nipote e socio in affari) che gestì la trattativa per le opere rimaste nella bottega di Bosch dopo la sua morte nel 1516 (anche per il cartone con la Conversione di Saul di Raffaello collezione Grimani).

Paradiso e Inferno (Visioni dell’Aldilà), quattro tavole (1505-15)  di Bosch, diversamente dai trittici, rimasero sempre a Venezia e furono trasferite da Palazzo Ducale alle Gallerie dell’Accademia intorno al 1885. Le tavole sono state eseguite senza un disegno preparatorio e probabilmente appartenevano a un’opera più grande, ovvero erano tavole esterne. Sul retro c’è una decorazione a finto marmo e manca l’elemento centrale, forse un Giudizio Universale. Le due tavole di destra raffigurerebbero l’Inferno e quelle di sinistra il Paradiso. Non manca, anche nel Paradiso, una connotazione inquietante come il cane che sta divorando una carogna.

Queste opere presenti a Venezia hanno determinato la diffusione del mito di Bosch come creatore di demoni e inferni. Nella seconda metà del Cinquecento e ancora nel Seicento erano molto richieste le immagini “alla Bosch”.

Erede di questa tendenza è Joseph Heintz il Giovane (vissuto a Venezia per oltre cinquant’anni, a partire dal 1625). Ma questi mondi cupi, infernali e i personaggi mostruosi hanno perso il pathos e la carica simbolica delle opere di Bosch.
Il risultato è meramente estetico, non più messaggi da ricercare e capire e segreti da svelare. I contenuti religiosi o morali lasciano il posto alla volontà di meravigliare e stupire del barocco.

Alla fine del percorso della mostra è possibile entrare virtualmente in queste opere demoniache, immergersi negli anfratti dell’Inferno e nelle luci del Paradiso grazie a una modernissima installazione multimediale, dedicata soprattutto ai giovani che permette una visione emozionale e immersiva delle Visioni dell’Aldilà di Jheronimus Bosch.

Molto interessante è il catalogo della mostra, curata da Bernard Aikema con il coordinamento scientifico di Gabriella Belli e Paola Marini, che presenta alcuni dati nuovi e inediti sul pittore fiammingo.
La mostra “Jheronimus Bosch e Venezia” è co-prodotta dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e dal Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia, con il patrocinio del Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università di Verona.

Foto, tranne dove diversamente indicato, di Marco De Felicis
 

INFORMAZIONI

Sede: Palazzo Ducale
Appartamento del Doge, San Marco, 1 Venezia
Orario: 8.30 – 19.00
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Call center 848082000 (dall’Italia)
+3904142730892 (dall’estero)
Biglietti: Intero: 12,00 euro – Ridotto: 10,00 euro
Email: info@fmcvenezia.it
Sito web: https://palazzoducale.visitmuve.it/

Dove dormire a Venezia:
Residenza 818
Residenza d’epoca. Stanze dai soffitti alti con bagni moderni, elegantemente arredate. Direzione impeccabile e staff gentile.
Dorsoduro 818 – 30123 Venezia
Sito web: www.laresidenza818.com
Tel. +39 041 5234589
email: laresidenza818@gmail.com

La mia recensione, da aggiornare relativamente ai lavori svolti (oggi quasi tutte le stanze hanno un bagno design) e ai prezzi: https://www.antonellacecconi.it/residenza/

 

 

 

Antonella Cecconi

Viaggi-cultura dipendente. Amo raccontare luoghi, persone, arte e culture. Innamorata dell'orizzonte non potrei vivere senza nuove destinazioni, arte, mare e la mia porta per l'altrove: i libri. I regali più graditi: un biglietto per un viaggio o un libro. Segni distintivi: una prenotazione in tasca, un libro nell'altra e un trolley accanto al letto. antonella@nomadeculturale.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.