RoFF19. Berlinguer. La grande ambizione

La differenza semantica tra “segretario” e “leader” di un partito. Nelle sale dal 31 ottobre
Con Berlinguer. La grande ambizione (distribuito dalla Lucky Red) si è aperta la XIX edizione della Festa del Cinema di Roma. Il regista Andrea Segre ci racconta la vita pubblica e privata di Enrico Berlinguer e dei principali protagonisti di quella indimenticabile stagione politica.
Enrico Berlinguer è interpretato da Elio Germano (vincitore del Premio “Vittorio Gassman” come miglior attore in questo film). Gli altri personaggi: Stefano Abbati (Umberto Terracini), Francesco Acquaroli (Pietro Ingrao), Paolo Calabresi (Ugo Pecchioli), Roberto Citran (Aldo Moro), Pierluigi Corallo (Antonio Tatò), Nikolay Danchev (Leonid Brežnev), Svetoslav Dobrev (Todor Živkov), Luca Lazzareschi (Alessandro Natta), Lucio Patanè (Gianni Cervetti), Andrea Pennacchi (Luciano Barca), Paolo Pierobon (Giulio Andreotti), Elena Radonicich (Letizia Laurenti), Fabrizia Sacchi (Nilde Iotti), Giorgio Tirabassi (Alberto Menichelli).
Un viaggio di quarant’anni fa, quando tutta l’Europa e gli Stati Uniti rimasero col fiato sospeso per l’incredibile consenso che quest’uomo riuscì a realizzare con oltre un milione settecentomila iscritti al partito comunista e più di dodici milioni di elettori. In poche parole nel 1975 avevano oltre il 33% dei consensi elettorali.

Il film rievoca il periodo che va dal golpe in Cile (1973) all’assassinio di Aldo Moro (1978), con il ritrovamento della R4 rossa con dentro il corpo dello statista democristiano. Auto lasciata tra l’ex sede del PCI (via delle Botteghe Oscure) e quella dell’ex sede DC (in Piazza del Gesù), quasi un segnale che ormai il ponte-accordo tra PC e DC era morto. Elio Germano interpreta magistralmente il ruolo del segretario del partito, con la stessa umiltà e fermezza che aveva Berlinguer. Uomo di poche e giuste parole che sentiva il peso della responsabilità che si era assunto.
Dalle campagne politiche in Bulgaria, con l’attentato subito dove morì l’autista, allo storico intervento del 26 febbraio 1976 a Mosca, nel XXV congresso del PCUS: “Noi ci battiamo per una società socialista che sia il momento più alto dello sviluppo di tutte le conquiste democratiche e garantisca il rispetto di tutte le libertà individuali e collettive, delle libertà religiose e della libertà della cultura, dell’arte e delle scienze. Pensiamo che in Italia si possa e si debba non solo avanzare verso il socialismo, ma anche costruire la società socialista, col contributo di forze politiche, di organizzazioni, di partiti diversi, e che la classe operaia possa e debba affermare la sua funzione storica in un sistema pluralistico e democratico.”
Questo strappo dalla madre Russia, creò scollamenti interni. Armando Cossutta in primis, ma molta parte della base elettorale non comprendeva questo ammorbidimento verso la DC, ovvero la classe fino all’ora dominante, gli imprenditori della quale tenevano in mano le sorti della base operaia.
Il film mostra il ‘segretario‘ (al servizio della collettività, del bene comune) non un ‘leader’ (che guida e comanda). Un politico, lontano da egocentrismi personalistici, che scende tra la folla, va nelle borgate ad ascoltare la voce di tutti per acquisire esigenze ed eventuali consigli per la risoluzione delle più svariate problematiche. Raggiunge anche le sedi di partito più remote, In una scena si vede un gruppo che gli chiede se, per risolvere una questione di trasporti, avessero potuto fare un blocco sulla via Tiburtina. Lui risponde che potevano fare quel che credevano fosse la cosa migliore per essere ascoltati, dietro ci sarebbe stato sempre il partito.

Facile il riferimento a Come se non ci fosse un domani, il film documentario della Festa del Cinema di Roma sugli attivisti del movimento di Ultima Generazione, noto per i blocchi stradali. La differenza è soprattutto dal numero di persone della base, non 50 o 100, ma milioni.
Due anni di lavorazione per ritrovare filmati storici, foto e documenti ben inseriti nelle riprese del film. Elio Germano ha studiato in particolare la prossemica del politico e interpretato alla perfezione questo protagonista della nostra storia.
In conferenza stampa il regista ha spiegato come: “La sfida di unire repertorio e messa in scena è stato sin dall’inizio un mio pallino… il lavoro enorme è stato il lavoro degli archivisti che ringrazio, Jacopo Quadri e Chiara Russo, il suo assistente e che hanno fatto un lavoro di montaggio”.
Alla domanda se il sottotitolo poteva essere “la grande illusione” la risposta è stata “l’ambizione può essere anche l’illusione, cioè sperare di arrivare all’impossibile”

Molto bella la scelta del brano dei Modena City Ramblers “un popolo intero trattiene il respiro e fissa la bara”, durante i funerali. Erano presenti, oltre milioni di persone, tutte le personalità politiche italiane e circa cinquanta delegazioni straniere, tra cui Michail Gorbaciov, il premier cinese Zhao Ziyang e Yasser Arafat. Dopo quello di Giovanni Paolo II è stato il funerale più seguito della storia d’Italia.
Anche “Eppure il vento soffia ancora” di Pierangelo Bertoli, sempre più attuale: “Un’isola intera ha trovato nel mare una tomba, il falso progresso ha voluto provare una bomba, poi pioggia che toglie la sete alla terra che è viva, invece le porta la morte perché è radioattiva”.
Il film trasuda di passione politica di cui si sente molto la mancanza. Da vedere sicuramente, e ancor più sarebbe importante portarlo nelle scuole. Perché il regista Andrea Segre (bravo documentarista) ha ricostruito in modo rigoroso un arco di storia italiana che ha segnato una svolta importante. Un periodo storico, politico che è stato cruciale e che è utile elaborare per capire il presente. Come ha dichiarato Elio Germano è “un peccato che ci sia stato un buio del genere nella filmografia con Berlinguer”. A parte Marco Bellocchio che nel 2022 realizzò “Esterno Notte“, diventato una serie televisiva in sei puntate.