Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione

Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione

Al Palazzo Ducale di Genova la mostra biopic sulla straordinaria artista, fino al 1° aprile 2024

Genova. Nei saloni dell’Appartamento del Doge di Palazzo Ducale, la Superba celebra, con una mostra “inside” Artemisia (1593 – post 1654), la straordinaria donna e artista. Racconta, senza pudori, la sua vita, la violenza subita, l’indipendenza conquistata e la sua ineffabile arte. Il fil rouge della mostra è proprio la vita romanzesca di Artemisia, le cui opere sono strettamente legate alle sue vicende personali. Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione ripropone la sua arte a distanza di sei anni da quella al Museo di Roma a Palazzo Braschi, Artemisia Gentileschi e il suo tempo.

Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchioni, 1610
Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchioni, 1610

Artemisia è un’artista dal talento prodigioso, è la prima donna ad essere ammessa nella prestigiosa Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Ma straordinari, soprattutto per l’epoca, sono il suo coraggio e determinazione. Violentata a 17 anni da Agostino Tassi, un amico e collega del padre pittore, è protagonista di un processo che da imputata (come accade in questi casi) la vede vincitrice, seppure segnata per sempre. Agostino Tassi l’ha violentata e ingannata più volte con la promessa di un matrimonio riparatore, mai celebrato. In mostra anche gli atti del processo della Gentileschi in cui i giudici ecclesiastici parlano in latino e lei risponde in volgare. Loro insinuano ripetutamente che se lo è cercato mentre lei si difende con coraggio raccontando i fatti dettagliatamente.

Autoritratto in veste di pittura, 1630-1635
Artemisia Gentileschi, Autoritratto in veste di pittura, 1630-1635

Nonostante il giudizio morale sia a suo sfavore Artemisia diventa, con caparbietà e grazie alle sue doti di pittrice, l’artista più richiesta nelle corti d’Europa, viaggia da una città all’altra, si sposta a Firenze, Venezia, Londra e Napoli. Sposata con quattro figli aveva comunque un amante che non nascondeva. Ciò che la rende strepitosa è il fatto di essere, nel Seicento, una donna realizzata, libera, che vive del suo lavoro. Icona di autodeterminazione e creatività, sicura di sè si ritrae nelle vesti pittrice con una corona di alloro sul capo e con il suo sguardo fisso affronta, a testa alta, quello dell’osservatore. Il suo prestigio è testimoniato anche dall aspila di cristallo sull’abito e gli orecchini.

Autoritratto in veste di pittura, 1630-1635, particolare
Artemisia Gentileschi, Autoritratto in veste di pittura, 1630-1635, particolare

La mostra, a cura dello storico dell’arte Costantino D’Orazio, propone un percorso suddiviso in 10 sezioni offre l’opportunità di vedere raccolti oltre 50 capolavori sparsi in tutta Europa e negli Stati Uniti. Proprio a Genova si trovava, quattro secoli fa, Orazio Gentileschi, così come è documentata nella Superba la presenza di Agostino Tassi (1605), mentre non è attestata, ma soltanto evocata, quella di Artemisia.
La mostra si apre con Susanna e i vecchioni (1610) che si ritiene sia il primo dipinto della pittrice. Il cui soggetto (due uomini che adescano la giovane mentre fa il bagno) risente, nella sua drammaticità, della vicenda personale dell’artista, che ne dipingerà un’altra versione, di Brno nel 1649. La mostra ha il merito di proporre a confronto le due opere con lo stesso soggetto di inizio (prima opera documentata, datata e firmata da Artemisia) e fine carriera.

Il Casino delle Muse: capolavoro di Orazio e e Agostino, particolari
Il Casino delle Muse: capolavoro di Orazio e e Agostino, particolari

Nella quarta sala preparatevi alle grandi emozioni: qui è possibile vedere la ricostruzione virtuale e immersiva di un raro gioiello d’arte, mai aperto al pubblico: il Casino delle Muse, di Palazzo Pallavicini Rospigliosi (dimora privata), voluto sul Quirinale dal Cardinal Scipione Borghese nel 1611. I suoi affreschi sono un capolavoro d’arte barocca di Orazio Gentileschi (specializzato nelle figure) e Agostino Tassi (quadraturista).
La scena rappresentata è un concerto di un’orchestra di sole donne, fatto insolito all’epoca. Tra le protagoniste si scorge una giovinetta che non è una musicista. Probabilmente Orazio avrebbe ritratto in questa la sua amata figlia Artemisia. Pochi mesi prima di questo affresco, Agostino aveva violato la pittrice. Al tempo Orazio forse sperava che il Tassi avrebbe sposato la figlia per riparare all’oltraggio.

Artemisia Gentileschi, Morte di Cleopatra, 1635, particolare
Artemisia Gentileschi, Morte di Cleopatra, 1635, particolare

Forse il ritratto della figlia poteva essere un messaggio/testimonianza per il collega?! L’immagine femminile si staglia e si astrae dal contesto delle donne che suonano e cantano nella volta e da quello delle Muse. Le fonti attestano che nel casino Pallavicini, Tassi fece le quadrature e Orazio le figure. Viene voglia di salire sui ponteggi per ammirare da vicino queste musiciste celesti.
Sempre sulla scia del Tassi, pittore lestofante con predisposizione alle risse e all’arroganza, sono esposte, nella quarta sezione, tre sue marine.

Artemisia Gentileschi, Morte di Cleopatra, 1635, particolare
Artemisia Gentileschi, Morte di Cleopatra, 1635, particolare

Così il 3 luglio 1612 Orazio presentava sua figlia Artemisia alla granduchessa di Toscana Cristina di Lorena: “Mi ritrovo una figliuola femina con tre altri maschi, e questa femina, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata nella professione della pittura, in tre anni si è talmente appraticata, che posso ardir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere, che forse principali Mastri di questa professione non arrivano al suo sapere […]”. Allora diciannovenne Artemisia era stata già violentata dal collega del padre in via della Croce a Roma.
La mostra indaga e scava nella vita di Artemisia, sono esposti gli Atti originali del processo per stupro del 1612, eccezionalmente concessi dall’Archivio di Stato di Roma.

Artemisia Gentileschi, Betsabea al bagno, 1635 o 1652, a destra un arazzo con lo stesso soggetto di Pietro Lefebvre
Artemisia Gentileschi, Betsabea al bagno, 1635 o 1652, a destra un arazzo con lo stesso soggetto di Pietro Lefebvre

Non a caso le eroine della pittrice sono fragili, minacciate, ma reagiscono al loro fato con coraggio e determinazione. Uno dei suoi temi prediletti è la storia di Giuditta e Oloferne. La giovane ebrea uccide il condottiero assiro Oloferne che teneva in assedio il suo popolo. Con la scusa di proporre un’alleanza entra nell’accampamento nemico. Durante il banchetto Oloferne si ubriaca e sprofonda nel sonno. Con l’aiuto della fantesca Abra, Giuditta decapita il condottiero con la sua stessa spada. Nasconde la testa dell’uomo in un panno per mostrarla al suo popolo liberato. Artemisia rende perfettamente la tensione delle due donne, tra il timore di essere scoperte e il coraggio di portare a compimento l’impresa. Sovvertendo il tradizionale rapporto tra forza maschile e fragilità femminile.

Artemisia Gentileschi, Betsabea al bagno, 1635 o 1652, particolare
Artemisia Gentileschi, Betsabea al bagno, 1635 o 1652, particolare

La mostra pone a confronto due capolavori della pittrice: Giuditta e Abra con la testa di Oloferne (della Fondazione Carit di Terni) e Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne (del Museo di Capodimonte). Entrambi in dialogo con l’opera dello stesso soggetto del padre Orazio Gentileschi: Giuditta e l’ancella con la testa di Oloferne (Musei Vaticani). Nella prima Giuditta della pittrice molti hanno visto il desiderio di vendetta della donna contro il suo stupratore. Nella seconda opera di Artemisia molti hanno ravvisato il malessere per il tradimento della governante Tuzia, che assecondò la violenza e accusò in tribunale la pittrice di aver provocato Agostino.

Agostino Tassi, Portici sul mare, 1618 circa
Agostino Tassi, Portici sul mare, 1618 circa

La mostra ha il merito di mettere in luce il talento di molte donne artiste a partire dal Cinquecento. Properzia de’ Rossi (scultrice), Sofonisba Anguissola (nominata pittrice di corte presso il re di Spagna), Lavinia Fontana che dipinge il ritratto del papa, Elisabetta Sirani, Fede Galizia, Giovanna Garzoni, Rosalba Carriera, fino ad Angelika Kaufmann che firma (1768) l’atto di fondazione della Royal Academy of Arts.

Artemisia Gentileschi, Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne, 1645-1650, particolare
Artemisia Gentileschi, Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne, 1645 – 1650, particolare

Orazio Gentileschi era presente a Genova tra il 1621 e 1625 chiamato da Gio. Antonio Sauli, mentre non è documentata la presenza di Artemisia. La presenza di Orazio non è senza conseguenze ed influenza l’arte del Seicento della Superba: predilezione per i soggetti drammatici e contrasti di luce caravaggeschi. A Genova, diventata un importante centro economico e artistico, confluiscono artisti come Rubens e Van Dyck. In mostra anche una serie di artisti e opere che attestano il caravaggismo in città.

Artemisia, Minerva, 1635
Artemisia, Minerva, 1635

Il 29 settembre 1612 viene emessa la sentenza di condanna contro Agostino Tassi e due giorni dopo Artemisia sposa Pierantonio Stiattesi, fratello di Giovanbattista, il notaio che ha sostenuto la famiglia Gentileschi durante il processo e presentato ai giudici le prove della colpevolezza del pittore. A Firenze Artemisia lavora per il Granduca Cosimo II e per alcuni tra i più notabili cittadini. come Michelangelo Buonarroti giovane, pronipote del celebre artista. Apre una piccola bottega e firma le sue opere ‘Artemisia Lomi’ (cognome dei parenti di suo padre Orazio). Affrontò molti problemi economici a causa dei debiti contratti dal marito per la sua pessima gestione domestica.

Artemisia, Minerva, 1635, particolare
Artemisia, Minerva, 1635, particolare

Artemisia frequentava la corte dei Medici ed è stata (1616) la prima donna a essere ammessa all’Accademia delle Arti del Disegno. Dei quattro figli dati alla luce da Artemisia a Firenze soltanto Prudenzia sopravvive e arriva con i genitori a Roma alla fine del 1620.
Per oltre quarant’anni Artemisia dipinge soprattutto figure femminili protagoniste di vicende storiche e bibliche: Giuditta, Cleopatra, Minerva, Dalila, Susanna e Maddalena. Donne forti, indipendenti, sicure di sé, sensuali, che altro non sono che la sua autobiografia pittorica.
Si resta abbagliati dalla veste color oro della Conversione della Maddalena (1613 – 1615), commissionata dal granduca Cosimo II per la consorte Maria Maddalena d’Austria.

Artemisia, Conversione della Maddalena, 1613 - 1615
Artemisia, Conversione della Maddalena, 1613 – 1615

Dopo aver vissuto circa dieci anni a Roma la pittrice si trasferisce nel 1630 a Napoli, con il fratello Francesco e la figlia Prudenzia. Nello stesso anno Artemisia recupera con orgoglio il suo cognome, datando e firmando l’Annunciazione, la sua prima commissione napoletana superstite, su un cartiglio: “Artemisia Gentilescha”. Due figure monumentali occupano tutto lo spazio e la Madonna, che avanza dal fondo scuro, domina sulla figura dell’angelo annunciante. In tal modo la pittrice sottolinea la grandezza e l’importanza della figura femminile.

La sua fama è tale che intrattiene una fitta corrispondenza con Cassiano dal Pozzo, erudito e suo committente, con il Duca di Modena Francesco I d’Este e con Ferdinando II de’ Medici, che ottengono suoi quadri. Tra i suoi consiglieri e mediatori figurano Galileo Galilei e il nobile messinese don Antonio Ruffo.
Muore intorno al 1653 e viene sepolta nella Chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini, ma la sua tomba è andata perduta intorno al 1950 quando l’edificio è stato abbattuto per fare spazio ad un moderno condominio.

Artemisia, Allegoria dell'Inclinazione, 1615 - 1616, particolare
Artemisia, Allegoria dell’Inclinazione, 1615 – 1616, particolare

Infine l’esposizione riserva ancora un’ultima chicca: l’Allegoria dell’Inclinazione (1615 – 1616, appena restaurata e in mostra dal 10 gennaio 2024). Una seducente figura senza veli (coperta con un drappo successivamente) che rappresenta l’ispirazione che ha guidato l’opera di Michelangelo. Dal 1616 la tela è esposta sul soffitto di una delle sale di Casa Buonarroti e per la prima volta ha lasciato la sua sede naturale, grazie ad un prestito eccezionale. Difficile, ammirandola da vicino in tutta la sua bellezza, staccarle gli occhi di dosso.

La mostra è promossa e organizzata da Arthemisia con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Comune di Genova e Regione Liguria e rientra nell’ambito delle iniziative di Genova Capitale Italiana del Libro 2023.
La mostra rientra nell’encomiabile progetto “L’Arte della solidarietà” realizzato da Arthemisia con Komen Italia, charity partner della mostra. Una parte degli incassi provenienti dalla vendita dei biglietti di ingresso della mostra sarà devoluta da Arthemisia per la realizzazione di specifici progetti di tutela della salute delle donne.

INFORMAZIONI

Artemisia Gentileschi. Coraggio e Passione
Sede: Palazzo Ducale
Piazza Giacomo Matteotti, 9 16123 – Genova
Data: fino al 1° aprile 2024
Orario apertura: Lunedì dalle ore 14.00 alle ore 19.00 – Martedì, mercoledì e giovedì dalle ore 9.00 fino alle ore 19.00 – Venerdì dalle ore 9.00 alle ore 20.00 – Sabato dalle ore 10.00 alle ore 20.00 – Domenica dalle ore 10.00 alle ore 19.00 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Biglietti: Intero € 16,00 – Ridotto € 15,00

Antonella Cecconi

Viaggi-cultura dipendente. Amo raccontare luoghi, persone, arte e culture. Innamorata dell'orizzonte non potrei vivere senza nuove destinazioni, arte, mare e la mia porta per l'altrove: i libri. I regali più graditi: un biglietto per un viaggio o un libro. Segni distintivi: una prenotazione in tasca, un libro nell'altra e un trolley accanto al letto. antonella@nomadeculturale.it

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