Ernesto Assante, il prof. del Rock
- di Antonella Cecconi -
Per chi ama la musica il nome di Ernesto Assante suonerà familiare: si tratta infatti di un giornalista, docente e, soprattutto, critico musicale, esperto di Rock. Insieme all’amico e collega Gino Castaldo organizzano serata dedicate al tema, coinvolgendo giovani e meno giovani.
6 giugno 2013
Giornalista, docente, esperto di musica, tra i critici più raffinati di Rock. E’ lui, Ernesto Assante.
Leggendo il tuo curriculum si ha l’impressione che nascondi
la tua vera età, tante esperienze importanti in pochi anni: critico
musicale, giornalista (hai collaborato con importanti quotidiani e
settimanali), hai diretto il progetto Repubblica.it, direttore di
Kataweb, docente all’università La Sapienza di Roma di Teorie e Tecnica
dei Nuovi Media e Analisi dei Linguaggi Musicali, autore di molti libri,
esperto non solo di musica ma anche di internet e informatica,
conduttore, insieme a Castaldo, delle interessanti, quanto piacevoli,
Lezioni di Rock all’Auditorium. Storicizzando le tue varie competenze e
attività si scopre un trend comune: sei un precursore! Hai diretto
McLink, il primo importante internet Provider italiano e oggi internet è
la rete di comunicazione mondiale.
Cosa ti ha spinto? Come sei arrivato a questa esperienza?
Ho messo insieme due passioni, quella per la tecnologia e
quella per la musica. Sono riuscito, per mia fortuna, a trasformare
questi miei interessi in un lavoro. La musica era il mio amore primario,
quello che mi ha spinto a lavorare in una radio e a cercare di fare
questo mestiere. L’approccio alle tecnologie deriva dalla mia curiosità:
credo di aver acquistato il mio primo computer nel 1985-86; uno
Spectrum da 16 Kb, con una memoria ridicola rispetto a quella che c’è
oggi.
Ho cominciato a vedere immediatamente le possibilità dei collegamenti attraverso quella che allora non era nemmeno internet: Itapac, una rete a pacchetto, che ti permetteva di comunicare, in maniera pirata, di comunicare con gli altri computer. Era un mondo che mi sembrava estremamente affascinante, in cui mi sono infilato con gioia.
Questa esperienza informatica cosa ti ha lasciato? Considerato che l’hai portata con te anche nel tuo lavoro attuale.
Si, se la cosa ti può far ridere, in realtà il motore
principale all’inizio sono stati i videogiochi. L’interesse ludico
insieme a quello musicale sono stati per me fondamentali. La prima cosa
che ho pensato è stata quella di metterli insieme, realizzando Music
Link nel 1988, che è stato uno dei primi servizi al mondo a mandare
notizie musicali quotidiane attraverso il computer. Ne facevamo
un’edizione italiana, che credo sia ancora attiva, un’altra in inglese
che distribuivamo in America, in Giappone, in Francia e in molti altri
paesi, sempre tramite pc.
Non a caso, quindi, hai insegnato alla Sapienza di Roma
Teorie e Tecnica dei Nuovi Media e Analisi dei Linguaggi Musicali.
Questa esperienza all’università come è iniziata e cosa ti ha insegnato?
Perché si è conclusa?
E’ stata un’esperienza fantastica, durata 4/5 anni. Poter
lavorare con i ragazzi nell’università, condividendo quello che so e
penso di sapere, è stata una delle cose più belle della mia vita. Non è
durata molto perché è un lavoro impegnativo: preparare i corsi, seguire
le tesi, gli esami e non avendo così tanto tempo alla fine ho dovuto
lasciarlo. Non è un lavoro che si può fare ‘con un braccio solo’, ma un
lavoro coinvolgente e molto serio, per cui obiettivamente non ero in
grado di tenere il passo. Resta comunque una delle esperienze più belle,
perché molte sono le cose che insegni e tante quelle che impari.
Quale è stato il tuo primo concerto rock? Quali emozioni ricordi?
Il primo realmente non lo ricordo, i primi che ho visto
risalgono agli anni ’70. Ricordo in particolare un festival pop al Foro
Italico, il Contro-Festival al Piper e fu la prima volta in cui Guccini
veniva a suonare a Roma, davanti ad un pubblico numeroso; era emozionato
perché non aveva mai suonato davanti a così tanta gente. Ricordo i
concerti post-Woodstock, vennero a Roma i Ten Years After, gli Who, che
hanno segnato profondamente la mia educazione musicale, i Traffic e
Santana. Concerti che hanno segnato la mia educazione musicale perché
erano delle occasioni straordinarie in cui si ascoltavano artisti
enormi. Frequentavo molto il Piper, dove vennero i Genesis. Ho avuto la
fortuna di aver assistere a molti concerti iniziando da molto piccolo.
Tra questi concerti quale è quello che ti è rimasto nel cuore, per cui faresti follie per poterlo vedere o rivedere?
Tra i concerti che non ho visto è difficile scegliere perché
sono molti. Uno dei concerti più belli che ho visto è stato a Roma dei
Talking Heads, quello è stato veramente un’esperienza mistica. La prima
volta che ho visto Springsteeen, nel tour dell’80, fu un evento
travolgente. Ci sono alcuni concerti che superano la media, sono
esperienze fisiche e mentali che ti cambiano: ne esci diverso da come
sei entrato.
Quando hai deciso che il rock sarebbe stato anche il tuo lavoro?
Penso di averlo deciso da subito. Ricordo che ero giovanissimo,
‘adolescentissimo’ e con i miei amici appassionati di musica – uno era a
Napoli e l’altro a Messina – ci ritrovavamo l’estate a Procida e
durante l’inverno ci scambiavamo articoli di musica, con le foto.
Facevamo i nostri giornali. Già ai tempi di Rita Pavone, quando ero
piccolo, ascoltavo molta musica. Sono andato a lavorare prestissimo nel
campo, ho iniziato nel ’75. Non ricordo di aver vissuto senza musica e
quello che mi piaceva era farla ascoltare agli altri. Parlare di musica
più che suonarla.
Suonavi o suoni uno strumento? In caso affermativo, quale?
Strimpello più o meno tutto, non ho mai studiato musica
seriamente, né ho mai sognato di fare il musicista. Ho suonicchiato come
tutti, avevo la mia band al liceo. Nei primi anni dell’università avevo
ancora un gruppo ma senza alcuna ambizione. Io, in realtà, volevo
scrivere di musica non suonare.
Hai conosciuto senz’altro molti artisti, musicisti, ma quale, umanamente, ti ha lasciato un segno, ti ha colpito e perché?
Le occasioni in cui conosci i musicisti sono sempre occasioni
professionali, quindi non arrivi mai a sapere come sono. E’ più facile
dire quelli che sono str… Ci sono musicisti che mi hanno colpito per la
loro umanità, persone con cui c’è uno scambio. Per esempio Brian Eno:
dal punto di vista intellettuale, le interviste con lui sono come
dire…straordinarie. Tra le più belle ricordo anche quella con George
Harrison. Ci sono dei personaggi che sono particolarmente interessanti,
spesso al di là della musica che suonano. Alcuni sono belli da
incontrare anche se la musica che suonano non ti piace o ti interessa di
meno, perché hanno delle storie e una realtà da raccontare.
Le lezioni di rock, insieme a Castaldo, sono un perfetto mix
di storia, video d’epoca, riascolto e presentazione delle varie versioni
di uno stesso pezzo. Negli anni gli spettatori sono aumentati e vi
siete spostati dal Teatro Studio al tutto esaurito della Petrassi, ora
puntate alla Santa Cecilia, siete in competizione con i concerti di
classica! E’ bello constatare che molta musica rock è ormai ‘classica’,
non passa di moda e diventa patrimonio anche delle nuove generazioni.
Senza dubbio, è sicuramente così, studiarla o approfondirla;
sarebbe importante per tutti. Mi risulta incomprensibile come al giorni
d’oggi si possa vivere senza sapere cosa hanno fatto i Beatles: non si
comprende buona parte del ’900 se non si sentono, non si capiscono e non
si studiano.
Quest’anno la serie sui Beatles, il prossimo anno siete di nuovo all’Auditorium?
Si, sicuramente si. Anche se non abbiamo ancora deciso cosa
presenteremo. Non è così facile decidere un progetto, dopo aver fatto le
lezioni sui Beatles non è così facile decidere un programma.
Ho letto di un progetto, a giugno, a Bari, di cosa si tratta?
Saremo a Bari, il 6 giugno al teatro Petruzzelli, a fare una
serata sui Pink Floyd. Il Petruzzelli è uno dei teatri più belli
d’Italia, quindi è un onore fantastico per noi. Poi saremo a Firenze, a
piazza della Signoria, a fare una lezione sui Beatles. Chiudiamo il 9
giugno a Roma con l’ultima lezione di rock dedicata ai grandi concerti,
all’Auditorium, per il decennale.
Con Castaldo sembra esserci una perfetta sintonia e scambio,
sembra una continua gara a chi ne sa di più, siete molto preparati.
Questa sintonia è amicizia o un team di lavoro che funziona benissimo?
No, è il mio migliore amico. Andiamo d’accordissimo, facciamo lo stesso lavoro nello stesso giornale da più di 30 anni.
Quale è la domanda, da giornalista, che avresti voluto fare a Jimi Hendrix?
Come fai? Ah, ah, ah, come fai? Farsi spiegare il suo modo di
creare musica, sarebbe stata una cosa fantastica. ‘Come ti viene?’ Non
tanto la tecnica, perché tutti la possono studiare e imparare, ma una
creatività applicata in quella maniera, al momento. Straordinario!
Grazie Ernesto, soprattutto per l’entusiasmo e il piacere che trasmetti quando parli di musica, che non può che scaturire dalla passione con cui fai il tuo lavoro.