40TFF “Anche io” (She said), lo scandalo Harvey Weinstein

L’inchiesta del New York Times che ha portato alla nascita del movimento MeToo. Dal 19 gennaio al cinema

Anche io racconta come le giornaliste del “New York Times”, Megan Twohey (Carey Mulligan) e Jodi Kantor (Zoe Kazan), sono riuscite a frantumare decenni di silenzio sulle molestie sessuali a Hollywood. Spingendo a un cambiamento nella cultura e società americana ancora in atto. È una testimonianza dell’importanza del giornalismo investigativo, impegnato nella ricerca inarrestabile della verità. Il coraggio straordinario delle testimoni, che hanno scelto di esporsi per fermare un predatore seriale accusato di numerosi abusi e molestie sessuali, ha determinato la nascita del movimento #MeToo.
Il magnate di Hollywood Harvey Weinstein era una delle persone più potenti dell’industria cinematografica. Weinstein – vincitore di sei Oscar® per il miglior film e produttore di film come Sesso, bugie e videotape, Pulp Fiction e Good Will Hunting – era un uomo di grande potere e influenza. Era in grado di creare o distruggere carriere, per anni ha usato questo potere per molestare e/o costringere le donne a incontri sessuali.

Le giornaliste hanno dettagliato e documentato i suoi illeciti perpretati per tre decenni. Voci di abusi riservati alle donne da parte di Harvey Weinstein circolavano da tempo. Attraverso numerose interviste con le attrici ed ex dipendenti di Weinstein e altre fonti, sono emersi numerosi fatti inquietanti. È venuta alla luce una rete di soprusi, violenze fisiche e psicologiche, ingenti pagamenti e accordi segreti affinchè nulla fosse divulgato.
Dopo la pubblicazione di Kantor e Twohey della loro prima storia su Weinstein si è aperto un vero vaso di Pandora di molestie e abusi sessuali. Donne di tutto il mondo si sono fatte avanti per raccontare le loro storie drammatiche. Ma il mondo è veramente cambiato? Nella tradizione del grande giornalismo investigativo, soprattutto anglosassone, Anche io racconta una storia emozionante e il potenziale rivoluzionario della verità. Lo spettatore ha modo di conoscere tutti i passaggi dell’indagine di Kantor e Twohey inlcuse le conseguenze dei loro reportage per il movimento #MeToo e i viaggi per raggiungere le donne che hanno parlato per il bene delle altre donne, per le generazioni future e per se stesse. Donne, alcune di loro madri, che hanno avuto il coraggio di denunciare non solo per avere giustizia ma per evitare altre vittime in futuro.

Il 5 ottobre del 2017, il “New York Times” pubblica l’inchiesta di Jodi Kantor e Megan Twohey sui crimini sessuali di Harvey Weinstein. Nel 2020 il produttore cinematografico e predatore seriale è stato riconosciuto colpevole e condannato a ventitré anni di prigione. Per tre decenni il fondatore della Miramax ha abusato di attrici e assistenti, mortificando la loro vita e carriera. A caccia di testimonianze le due giornaliste – con famiglia e figli ma mariti comprensivi e padri premurosi – riescono con fatica a ricostruire la strategia impiegata da Weinstein per coprire i suoi abusi. Riduceva al silenzio le sue vittime minacciandole o versando loro cospicui assegni vincolandole così ad accordi di riservatezza.
Il film non vuole sfociare nel sensazionalismo ma ricostruisce in modo dettagliato il lavoro rigoroso delle due reporter, incluse le non poche difficoltà incontrate. Come nei precedenti film su famose inchieste giornalistiche la narrazione è scarna, ripercorre i momenti dell’indagine, e risulta avvincente. Ma a differenza di Tutti gli uomini del presidente (Alan Pakula, 1976), Il caso Spotlight (Tom McCarthy, 2015) e The Post (Steven Spielberg, 2017) questo film è al “femminile”. Le protagoniste e la regista testimoniano che il coraggio è “donna” ed è un film per le donne. In difesa di quante hanno subito, uno stimolo a non aver più paura e un invito a non sottomettersi più.

La regista ha deciso di non sbattere il mostro davanti alla macchina da presa, si intravede solo la sua sagoma massiccia, e di tralasciare ogni spunto piccante della storia. Una scelta morale, etica e rigorosa.
Per persuadere le fonti a parlare è stato detto loro che quanto accaduto in passato non poteva essere cambiato, ma “insieme potremmo essere in grado di utilizzare la tua esperienza per aiutare a proteggere altre persone”. Gwyneth Paltrow è stata determinante nell’aiutare le giornaliste-autrici dietro le quinte e il suo apporto è raccontato nel libro.

Anche io, scritto da Rebecca Lenkiewicz, è tratto dal libro (per ora in inglese) delle due giornaliste (vincitrici del premio Pulitzer per la loro inchiesta) She Said: Breaking the Sexual Harassment Story That Helped Ignite a Movement. . Il film di Maria Schrader è co-prodotto da Dede Gardner e Brad Pitt, vincitore di due premi Oscar®.
Carey Mulligan è candidata al Golden Globe come migliore attrice non protagonista .